home Parole e notizie Spese militari: “Gli investimenti vanno alla finanza Usa”

Spese militari: “Gli investimenti vanno alla finanza Usa”

I grandi fondi globali sono i veri padroni dell’industria militare”, mia intervista per il Fatto Quotidiano a cura di Nicola Borzi

“La spesa in armamenti è il motore della spesa militare. In cinque anni siamo passati da 7,3 a 13 miliardi, con una crescita del 70%. Gli investimenti in sistemi d’arma sono quasi sempre pluriennali: non consegni una nave militare in un anno. Si ipotecano uscite per anni”. Parola di Francesco Vignarca, cofondatore dell’Osservatorio Milex sulla spesa militare e coordinatore delle campagne di Rete pace disarmo.

Non sono solo numeri.

No, c’è uno sdoganamento culturale e sociale. Per molti anni le spese in armamenti erano appannaggio dell’ex ministero dello Sviluppo economico, oggi Mimit, che le nascondeva tra le righe. Ora invece le si imputa direttamente al ministero della Difesa, le si rivendica senza nasconderle più. Il ministro Crosetto ha separato i ruoli del Segretariato generale della Difesa e della Direzione nazionale degli armamenti, che in precedenza erano in parte sovrapponibili, condividevano un solo ufficio e un unico responsabile. Entrambi hanno ricevuto finanziamenti cospicui, 9,7 miliardi.

Perché ciò avviene?

Dall’invasione russa dell’Ucraina il contesto politico è cambiato: la spesa militare viene rivendicata anche in Europa, von der Leyen ci ha costruito la propria rielezione e ha dotato la Ue di un Commissario alla Difesa. La militarizzazione è anche nella rivendicazione retorica.

Cosa fa il governo?

Le scelte del governo Meloni sono sempre meno legate all’industria civile e a comparti come l’auto e sempre di più all’industria delle armi. Ma le ricerche condotte dall’Osservatorio Milex insieme alla campagna Sbilanciamoci! e a Greenpeace dimostrano che la spesa militare è meno efficace di quella civile perché ha meno ritorni economici e di occupazione, mette le scarse risorse pubbliche in settori che non creano sviluppo vero e in prospettiva impoveriscono l’Italia.

E l’industria militare di Stato?

In Cina o Russia l’investimento militare va a cascata su strutture legate allo Stato e al potere. In Occidente invece trasferisce enormi fondi pubblici ai grandi interessi privati. Le multinazionali delle armi hanno tra i principali azionisti le società globali dei fondi: Blackrock, Vanguard, State Street, Kkr. Questi colossi si stanno comprando pezzi d’Italia e sono anche i veri padroni delle aziende di armi. Anche l’Italia sta finendo in quest’orbita: il governo Meloni ha dato via libera a Blackrock per entrare in Leonardo sopra il 3% senza esercitare il golden power. Così i grandi fondi danno soldi ai governi comprando pezzi di Paese ma poi chiedono un ritorno, fanno affari con le armi e coi guadagni poi comprano altri pezzi di Paese. Entra in casa chi poi comanderà alla faccia della democrazia, come già avviene negli Usa e in Gran Bretagna.

Che fare?

Come Rete pace disarmo, Sbilanciamoci! Greenpeace e Fondazione Perugia Assisi abbiamo lanciato la campagna “Ferma il riarmo” per indicare che esiste un’alternativa possibile e fondamentale. Questa deriva distrugge il welfare, la sanità, la gestione del territorio. Occorre ridurre la spesa militare, tassare gli extraprofitti delle armi.