Interris.it ha intervistato Francesco Vignarca, Coordinatore delle Campagne “Rete Italiana Pace e Disarmo”, nella prima Giornata Internazionale di Sensibilizzazione al Disarmo e alla non Proliferazione
Oggi, 5 marzo, si celebra la prima Giornata Internazionale di Sensibilizzazione al Disarmo e alla non Proliferazione, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 7 settembre. Per l’occasione, Interris.it ha intervistato il dottor Francesco Vignarca Coordinatore delle Campagne di Rete Italiana Pace e Disarmo
L’intervista a Francesco Vignarca
Quando è nata e qual è la mission di Rete Italiana Pace e Disarmo?
“La Rete Italiana Pace e Disarmo è nata nel 2020 nella Giornata Internazionale della Pace, il 21 settembre, dalla fusione di due organismi storici del movimento pacifista italiano: la Rete della Pace (fondata nel 2014) e la Rete Italiana per il Disarmo (fondata nel 2004). L’intenzione era quella di allargare, e lo abbiamo fatto, il gruppo di associazioni e sindacati che lavorano continuamente per la pace. Sono organizzazioni che non hanno solo la pace nella loro mission. Fanno anche altre cose, come la Comunità Papa Giovanni XXIII che si occupa di povertà e disagio a 360 gradi, ma ha un proprio corpo di Pace – l’Operazione Colomba – che è attivo 365 giorni l’anno. Tutte queste associazioni, pur diverse tra loro, hanno deciso di mettersi insieme per fare rete su temi che considerano prioritari: la pace e il disarmo. Due aspetti strettamente collegati tra loro”.
Qual è un aspetto specifico della Rete Italiana Pace e Disarmo?
“L’aspetto specifico e fondamentale è che la rete non opera solo in casi eccezionali: guerre, campagne specifiche ed emergenze varie nel mondo. Ma definisce un’agenda collettiva e continuativa in grado di rispondere alle varie situazioni ogni giorno dell’anno. La rete è inoltre propositiva attraverso l’analisi e l’approfondimento delle cause e degli eventi che accadono nel mondo, relativamente ai due temi centrali della nostra missione. Questo studio, basato sull’analisi dei dati, permette di avanzare proposte concrete al mondo della politica e delle istituzioni”.
Sono oltre 70 le associazioni che aderiscono alla vostra rete, anche di estrazione molto diversa tra loro. Come ve lo spiegate?
“Credo che il motivo profondo per cui tante associazioni – sia di ispirazione, sia di tipologia – abbiano deciso di entrare nella rete è la serietà della proposta. Che non si basa solo su poche parole d’ordine o su una prospettiva emotiva o idealistica, ma che declina il desiderio di costruire la pace, attraverso gli strumenti del disarmo e della nonviolenza, in un contesto di analisi e di lavoro quotidiano. In tal modo le associazioni comprendono che dalla rete possono trarre informazioni, campagne, indicazioni su scala globale e possono al contempo trovare nella rete lo sbocco delle richieste che i loro aderenti e attivisti territoriali fanno. Il fatto che la rete si interfacci con tutte le campagne in atto, permette agli attivisti italiani di essere sempre collegati con il movimento internazionale della nonviolenza e del disarmo umanitario. Questi sono i motivi per cui la rete continua a crescere: è nata con oltre 60 associazioni aderenti e continuiamo a ricevere molte richieste di adesione”.
Cosa è il disarmo umanitario?
“Il disarmo umanitario è un approccio al disarmo incentrato sulle persone, volto a prevenire e alleviare la sofferenza umana e i danni ambientali causati da armi problematiche, soprattutto attraverso lo sviluppo di norme internazionali. Nel suo primo anno di vita la Rete Italiana Pace e Disarmo ha sperimentato un’azione particolarmente intensa, a partire dalla elaborazione del documento per il Governo con 12 proposte di contributo al processo di formazione del programma “Next Generation Italia” del PNRR. Sono queste le linee principali sulle quali la Rete si è mossa con proposte precise, concrete e realizzabili: superare la visione nazionale per una politica estera che guardi all’Europa come ‘potenza di pace’, la riconversione per un’economia disarmata e sostenibile, la difesa civile non armata e nonviolenta, il servizio civile universale, l’educazione alla pace dall’infanzia all’Università”.
Siete a difesa della Legge 185/90: di cosa tratta e perché è importante?
“La legge, intitolata ‘Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento’ è la legge italiana che regola l’export di armamenti. E’ una legge davvero innovativa elaborata oltre trenta anni fa grazie all’impegno della società civile dell’epoca che, stanca degli scandali che riguardavano l’invio di armi italiane nei peggiori conflitti del mondo, chiese al Parlamento di legiferare in merito e di mettere dei controlli sull’esportazione delle armi. Dopo la legge, è nata la rete del Disarmo, uno dei due ‘pezzi’ della rete attuale, e sulla quale ci siamo addestrati e fatto esperienza per poi portare avanti altre iniziative di campagna come quella per la richiesta di un Trattato internazionale sul Commercio delle Armi”.
La legge 185/90 è una legge pacifista?
“No, la legge 185/90 non è né una legge pacifista, ne disarmista perché permette l’esportazione di armi. Ma vi sono inserite delle norme che permettono trasparenza e controlli e di conoscere i flussi delle armi. Prima era tutto nascosto, addirittura sotto segreto di Stato. La legge è stata la base della nostra attività a favore della campagna per la richiesta del Trattato sul Commercio delle Armi (Arms Trade Treaty – ATT), poi approvato il 26 settembre 2014. L’ATT è stata la prima norma internazionale che regola il commercio degli armamenti. Mentre prima il commercio delle banane, delle scarpe o del caffè era regolato, quello delle armi – che sono strumenti per offendere la persona – paradossalmente no. Oggi invece questa ‘guerra’ è stata vinta”.
Oggi si celebra la prima Giornata Internazionale di Sensibilizzazione al Disarmo e alla non Proliferazione. Qual è l’importanza di aver istituito a livello ONU una giornata internazionale dedicata a questi temi?
“Questa nuova giornata internazionale è molto interessante. E’ la prima volta che si celebra. Ed è stata voluta dal Kazakistan. Dagli anni 1950 alla fine degli anni 1980, infatti, l’URSS ha utilizzato il sito kazako di Semipalatinsk per i test nucleari. Gli effetti sono ancora oggi visibili: a distanza di decenni, infatti, l’area è estremamente radioattiva. Il Kazakistan non a caso è stato uno dei Paesi in prima linea per il disarmo nucleare sostenendo fin dal primo giorno il percorso del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), il primo trattato internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi nucleari, rendendole illegali, in un percorso verso la loro completa eliminazione. Un trattato frutto anche della grande campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), un network di oltre 400 organizzazioni – di cui fa parte anche la nostra rete – provenienti da 100 Stati diversi che lavora per la messa al bando delle armi nucleari. ICAN ha vinto il Premio Nobel per la Pace 2017″.
Quali sono le altre Giornate per la promozione della pace e del disarmo?
“La Giornata odierna si somma ad altre molto importanti e correlate. Quali: la Giornata Internazionale della Pace del 21 settembre. Non è vero che tutti vogliono la pace! Non tutti sanno come definire il termine ‘pace’ che è anche sinonimo di ‘presenza e rispetto dei diritti’. Poi c’è la Giornata internazionale per la proibizione delle armi nucleari, ogni 26 settembre. Data scelta perché il 26 settembre del 1983 il colonnello russo Stanislav Petrov identificò un falso allarme missilistico – prendendo difficili decisioni al limite delle sue prerogative e dei regolamenti preposti – evitando così lo scoppio di un conflitto nucleare mondiale. A queste si aggiunge, il 29 agosto, la Giornata Internazionale Contro i Test Nucleari. Anche questa voluta dal Kazakistan, è stata dichiarata nel 2009 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per promuovere il principio che ‘ogni sforzo dovrebbe essere fatto per porre fine ai test nucleari e sventarne così gli effetti devastanti sulle vite della gente’. Infine, il 2 Ottobre, Giornata Internazionale della Nonviolenza, data scelta perché è la data di nascita del Mahatma Gandhi, nato a Porbandar, in India, il 2 ottobre 1869 e padre della nonviolenza. Un pensiero che però molti ignorano nella sua completezza”.
Qual è lo scopo di queste Giornate?
“Queste Giornate sono utili per raccontare la Storia e per spiegare alle persone concetti ed eventi che noi portiamo avanti ogni giorno, ma che non trovano spazio durante l’anno nell’opinione pubblica e che spesso sono ignorate o fraintese. A quanti pensano che le Giornate Internazionali non servano a nulla, io rispondo che non sono vuote retoriche, ma dei momenti importanti per sensibilizzare le persone su tematiche centrali come il disarmo, la nonviolenza, la non proliferazione degli arsenali nucleari e la pace”.
La guerra in Ucraina ha già superato il suo primo anno. Cosa chiede la rete alle parti e cosa fate per sensibilizzare alla pace?
“La Rete Italiana Pace e Disarmo fin dall’inizio ha chiesto un cessate il fuoco immediato e un negoziato con l’uscita degli invasori dal Paese, nell’ottica della protezione della popolazione civile e del popolo ucraino tutto. Le nostre proposte, a partire dai punti comunitari come rete, si sono allargate abbracciando Europe For Peace, rete internazionale che in Italia ha oltre 600 aderenti e che è molto presente anche in Europa. Non a caso le iniziative per l’anniversario della guerra si sono svolte non solo in 133 città italiane, ma anche in decine e decine di città europee”.
“Le nostre proposte sono semplici. Ma richiedono un investimento molto forte. Primo: l’immediato cessate il fuoco, che è la precondizione essenziale. Inoltre, spingere per un negoziato che non deve restare solo tra le due parti in conflitto. Ma è necessario che venga allargato a livello globale. La guerra in Ucraina è la conseguenza di un sistema generale di insicurezza. Va dunque disegnato un sistema di sicurezza globale collettivo al fine di cancellare gli attuali squilibri”.
Il cessate il fuoco sarebbe sufficiente per la pace?
“No, il cessate il fuoco non è la pace! Perché noi pensiamo alla pace in modo positivo: non solo un’assenza di guerra, ma anche una ricostruzione del tessuto sociale e ambientale, la riparazione dei torti, nonché percorsi di giustizia e di riconciliazione. Ma senza il cessate il fuoco, è sempre il cannone che detta le dinamiche di guerra. Stiamo chiedendo da tempo alle istituzioni e ai Governi una conferenza internazionale di pace. Ma poiché molti Governi sono impegnati nell’invio di armamenti, noi intanto abbiamo convocato per il prossimo giugno una conferenza internazionale di pace della società civile. Contro i cannoni, la rivoluzione può e deve partire dalla gente comune”.