Questo testo è la versione estesa di un mio editoriale per l’Agenzia SIR, che potete trovare qui.
“Non costruiremo un mondo pacifico seguendo un percorso negativo. Non basta dire ‘non dobbiamo fare la guerra’. È necessario amare la pace e sacrificarsi per essa. Non dobbiamo concentrarci solo sull’espulsione negativa della guerra, ma sull’affermazione positiva della pace”. Sono passati quasi sessanta anni da queste parole di Martin Luther King, pronunciate in occasione dell’accettazione del Premio Nobel per la Pace. Eppure ancora oggi non tutti ne comprendono l’importanza, anzi la necessità, se si vuole dare sostanza a qualsiasi ipotesi di cammino verso la Pace. Ce ne rendiamo conto in queste ultime ore del 2022, un anno difficile che ha rimesso la guerra (con i suoi distruttivi impatti e drammatiche conseguenze) al centro dell’attenzione di tutti. Rendendo difficile la vita anche nei Paesi più ricchi e “tranquilli”. Attenzione però: non è che prima del 24 febbraio scorso la guerra non fosse presente nel mondo! Semplicemente era sottovalutata, o meglio ignorata, da politica, media ed opinione pubblica di quei luoghi del mondo che non venivano toccati dalla violenza invece presente in tante parti del mondo. Spesso ancora più sanguinosa del già devastante conflitto in Ucraina…
Questa consapevolezza ci dovrebbe chiarire che se vogliamo davvero – non solo retoricamente – portare pace, umanità, rispetto dei diritti a coloro che subiscono la guerra ogni giorno e in prima persona oltre a interventi specifici abbiamo bisogno di un quadro complessivo e strutturale di azione. E’ quanto hanno cercato di fare anche nel contesto ucraino le organizzazioni che fanno parte della Rete Italiana Pace e Disarmo e della coalizione Europe For Peace: unire gli interventi di aiuto anche umanitario (si pensi alle carovane di “Stop the War Now”) alla continuazione di tutte quelle campagne già in corso su disarmo umanitario, riduzione delle spese militari, controllo dell’export di armi, contrasto alla militarizzazione. Crediamo fermamente che solo in tal modo si possa rendere effettivo ed efficace un percorso di Pace, figlio di continue scelte creative e cooperative: non si tratta solo di fermare le ostilità (anche se quella del cessate il fuoco è una precondizione fondamentale) ma costruire un sistema di giustizia e di presenza di diritti per tutti. In maniera sistemica, in un quadro di “Pace Positiva” fondato sul disarmo umanitario. Cioè su un approccio che metta al centro la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità… e non gli interessi geo-strategici di chi punta al proprio potere e non a una crescita dei diritti e delle condizioni collettive. E’ un aspetto da sempre chiaro a chi vuole percorsi di pacificazione concreta (non un manto retorico per giustificare altra sopraffazione), come risulta evidente leggendo la “Pacem in terris” di san Giovanni XXIII (un testo che nel 2023 compirà sessanta anni) tutta tesa ad illustrare un sistema di pace possibile (considerando la guerra “alienum a ratione”, cioè fuori di testa). O facendo tesoro delle indicazioni di Papa Francesco presenti sia nei suoi Messaggi per la Giornata Mondiale della Pace ma soprattutto nelle sue encicliche (“Laudato si’” e “Fratelli tutti” in particolare), veri e propri manifesti di una risposta strutturata e collettiva a quella “guerra mondiale a pezzi” che tanti morti e impatti negativi sta avendo.
Se si parte da visioni di questo tipo diventa quasi automatico, dunque, scegliere strumenti nonviolenti e percorsi cooperativi per arrivare ad una Pace vera. Richiamando ancora le parole di Martin Luther King: “Restituire odio per odio moltiplica l’odio, aggiungendo ulteriore oscurità a una notte già priva di stelle. Le tenebre non possono scacciare le tenebre, solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio, solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza e la durezza moltiplica la durezza in una spirale discendente di distruzione”.
Occorre smettere di pensare in termini di difesa egoistica e chiusa, che favorisce la permanenza di disuguaglianza, aprendosi ad una salvaguardia reciproca basata su politiche nonviolente e scelte coraggiose di disarmo. Serve un cambio di prospettiva e di strumenti, con un’azione coordinata che si occupi della radice delle guerre e della violenza: più soldi per l’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile e per l’Agenda di Disarmo promossa dal Segretario ONU Guterres e meno per le spese militari (purtroppo sempre in crescita). Più fondi ed energie per affrontare il cambiamento climatico e meno per le armi.
Ce lo spiegano, ancora una volta, le parole del profeta nonviolento dei diritti civili per le popolazioni di colore negli USA: “Non è più una scelta, amici miei, tra violenza e nonviolenza. Ma tra nonviolenza e non esistenza. E l’alternativa al disarmo, l’alternativa a una moratoria degli esperimenti nucleari, l’alternativa al rafforzamento delle Nazioni Unite e quindi al disarmo del mondo intero, sarebbe solo una civiltà che precipita nell’abisso dell’annientamento, e il nostro habitat terrestre si trasformerebbe in un inferno che nemmeno la mente di Dante potrebbe immaginare”.