CORSA AL RIARMO. L’allarme lanciato dall’ultimo rapporto del Sipri: gli Stati «atomici» ampliano l’arsenale. Gli altri si riuniscono la prossima settimana Vienna con la società civile e i pacifisti per frenarli
Mio articolo per il Manifesto.
«Ormai i dati lo dicono chiaramente: è terminata la tendenza alla riduzione degli arsenali nucleari che era in corso dalla fine della guerra fredda».
È QUESTO IL LAPIDARIO (e preoccupato) commento di Hans Kristensen, associate senior fellow del Programma Armi di Distruzione di Massa del SIPRI e direttore del Nuclear Information Project della Federation of American Scientists, nel presentare i dati più aggiornati sulla consistenza delle forze nucleari contenuti nell’Annuario appena pubblicato dall’Istituto di ricerca svedese.
Un allarme direttamente collegabile alla modernizzazione degli arsenali dei nove Paesi (Stati uniti, Russia, Regno unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Nord Corea) che le possiedono segnalata negli ultimi anni: pper tale motivo sebbene il numero totale di testate sia leggermente diminuito tra il 2021 e il 2022 è prevedibile per il prossimo decennio che la tendenza sarà quella di un aumento.
Tra gli «ammodernamenti» in corso vanno ricordate anche le nuove bombe B61-12 che verranno dispiegate in Italia anche per essere utilizzate dagli F-35 della nostra Aeronautica militare.
CIRCA 9.440 TESTATE delle 12.705 esistenti a inizio 2022 si trovavano in condizione di uso potenziale: 3.732 dispiegate con missili e aerei, circa 2mila – quasi tutte appartenenti a Russia o Usa – tenute in stato di massima allerta operativa.
I due Paesi possiedono congiuntamente oltre il 90% di tutte le testate, ma gli altri sette Stati «nucleari» stanno a loro volta sviluppando o dispiegando nuovi sistemi d’arma o ne hanno annunciato l’intenzione.
Ad esempio la Cina è nel mezzo di una sostanziale espansione del proprio arsenale nucleare che, secondo alcune immagini satellitari, comprende tra l’altro la costruzione di oltre 300 nuovi silos missilistici.
TUTTI GLI STATI DOTATI di armi nucleari stanno aumentando o potenziando i loro arsenali e la maggior parte di essi sta intensificando la retorica nucleare e il ruolo che tali armamenti svolgono nelle loro strategie militari.
Senza dimenticare il costo anche finanziario: secondo la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons il mantenimento degli arsenali nucleari costa circa 75 miliardi di dollari all’anno e lo stesso Congresso degli Stati uniti ipotizza un costo complessivo di 634 miliardi di dollari per i soli Usa nel decennio 2021-2030.
«Condivido le preoccupazioni bene esplicitate da Hans Kristensen – sottolinea Daniele Santi, presidente di Senzatomica – Se non saremo in grado di abolire le armi nucleari tutti gli altri temi di cui parliamo (emergenza climatica, democrazia, futuro) non avranno significato. Non avrà senso parlare di diritti civili perché non ci sarà nessuno che potrà goderne: non importa come o per quanto tempo le persone si sforzino di realizzare un mondo o una società migliore, una volta iniziata una guerra nucleare tutto sarà stato inutile. La realtà dell’era nucleare è che tutti siamo costretti a vivere accompagnati costantemente dal peggiore, dal più incomprensibile e assurdo pericolo che si possa immaginare».
DA QUESTA CONSAPEVOLEZZA è nata l’azione della società civile per un disarmo umanitario anche nell’ambito degli arsenali nucleari, con l’ottenimento del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw) votato nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021.
«Senzatomica continuerà a impegnarsi nella mobilitazione “Italia, ripensaci” al fianco di tutti i cittadini e le cittadine italiane per un mondo libero da questa follia – aggiunge Santi – e per tale motivo continuiamo a chiedere anche al governo italiano di partecipare come osservatore alla prima Conferenza degli Stati parte del Tpnw che si terrà a Vienna dal 21 al 23 giugno».
«SAREMO A VIENNA, insieme ai movimenti per il disarmo nucleare, per partecipare alla prima conferenza degli Stati che fanno parte del Tpnw in un momento storico unico – fa eco Lisa Clark, co-presidente dell’International Peace Bureau e responsabile del disarmo nucleare per Rete Italiana Pace e Disarmo – Abbiamo sempre detto che le armi nucleari devono essere messe al bando in quanto rappresentano, insieme ai cambiamenti climatici, la principale crisi esistenziale per l’umanità e il pianeta. Purtroppo con le minacce del presidente Putin del febbraio scorso e con la diffusione dei dati del SIPRI di questi giorni, la discussione su come impedire la catastrofe ha assunto un ruolo di primo piano anche per l’opinione pubblica in generale. La buona notizia è che, con le società civili di tutto il mondo allertate contro il pericolo nucleare, siamo fiduciosi di convincere i governi nazionali a impegnarsi concretamente per liberare l’umanità da questa minaccia».
Un percorso che dovrà avere come primo obiettivo lo stop all’allargamento degli arsenali nucleari.