Nell’intricato scenario della crisi tra Ucraina e Russia val la pena evidenziare il ruolo importante (anche di “spinta” verso il conflitto armato) del complesso militare-industriale russo, controllato dallo Stato.
La maggior parte dei produttori russi di armamenti è controllata dallo Stato, sia direttamente che tramite partecipazioni societarie. La principale è la Rostec, nel cui ambito si collocano tra gli altri Russian Helicopters e Kalashnikov Concern.
Sotto il controllo di Rostec c’è anche la holding aeronautica United Aircraft Corporation, che produce aerei di marchi noti come Ilyushin, Sukhoi, Tupolev, Yakovlev… ancora oggi (come per altre tipologie di armamenti) la spina dorsale dei sistemi d’arma delle Forze Armate russe.
Il principale produttore di armi russo è però il conglomerato Almaz-Antey (anch’esso figlio di “risistemazioni” volute da Putin) che si colloca nella Top20 delle maggiori compagnie di produzione militare al mondo, come si vede dai dati elaborati dal SIPRI di Stoccolma.
Tra i suoi prodotti troviamo sistemi di difesa e guida, missili da crociera, sistemi di navigazione, armi leggere, droni, artiglieria navale e terrestre… Insomma il cuore vero della produzione armiera russa.
Complessivamente stiamo parlando di un comparto industriale ed economico davvero cruciale per il Paese (tra i 2 e i 3 milioni di occupati, forse il 20% di tutta la produzione manifatturiera della Russia) che non a caso il governo di Putin ha voluto rilanciare fortemente.
Ovviamente oltre alla necessità di controllare una parte rilevante dell’economia interna, il rafforzamento strategico dell’industria militare aveva anche una motivazione di spinta all’export (per rilevanza economica ma anche politica). Gia ora la Russia è seconda nel mondo solo agli USA, come si vede dall’immagine sottostante.
Non stupisce dunque che anche in questo caso ci sia un controllo statale stringente: all’interno della già citata holding Rostec troviamo infatti Rosoboronexport, unico intermediario possibile per import-export di materiali e servizi per la difesa. Nel 2011 (proprio alla vigilia della risistemazione del comparto) la Federazione Russa ha lanciato un programma decennale di riarmamento denominato GPV-2020, che ha cercato di aggiornare il materiale militare a disposizione delle Forze Armate (e sviluppare nuovi prodotti). Di conseguenza a fine 2021 Putin ha iniziato a spingere export di armi (“provate” in molti conflitti recenti, a partire dalla Siria): “le armi russe hanno sempre goduto della domanda sul mercato globale e proteggono in modo affidabile la sicurezza di molti paesi del mondo”. Il cerchio quindi si chiude, con una strategia di rafforzamento durata 10 anni, e quindi con un complesso militare-industriale che ha sempre più peso anche in decisioni strategiche (e di “ritorni” di vario genere).
Anche in questa ottica credo si debbano collocare le scelte di escalation di Putin delle ultime settimane.
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