Assegnato a Rete italiana pace e disarmo. Il coordinatore Francesco Vignarca: «Bilancio positivo»
E’ stato assegnato l’anno scorso ma, a causa dell’emergenza sanitaria, la cerimonia si è potuta tenere solo pochi giorni fa, in Toscana, presso il Teatro Dante di Sansepolcro.
L’impegno
Il premio è uno di quelli importanti, così come importanti sono la mission e l’impegno dei destinatari, che non si sono mai fermati, nemmeno davanti alla pandemia, portando avanti il loro lavoro, così prezioso e necessario. Così, lo scorso 25 settembre, in una bella giornata d’inizio autunno, l’Associazione Cultura della Pace ha consegnato il Premio Nonviolenza 2020 alla Rete Italiana Pace e Disarmo, nata proprio lo scorso anno dall’unione tra la Rete della Pace e la Rete Italiana per il Disarmo.
«Siamo davvero contenti di aver ricevuto questo premio – racconta il ricercatore e attivista comasco Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete, che coinvolge decine di associazioni in tutta Italia – proprio nel trentennale dell’associazione Cultura della Pace. Quando l’anno scorso ci è stata assegnato il premio, la motivazione riguardava la convergenza delle due reti in una sola, avvenuta il 21 settembre 2020, Giornata Internazionale della Pace, a conferma che il mondo pacifista è in grado di mettersi insieme e di rafforzare il lavoro comune. La cerimonia, invece, ci ha permesso non solo di raccontare questa convergenza, partita già nel 2014, ma anche di fare una riflessione sul primo anno di attività».
Un primo anno decisamente buono sotto diversi punti di vista, come ha sottolineato Francesco, sia come lavoro interno che per quanto riguarda le campagne attivate e i risultati raggiunti. «Le organizzazioni ci sono e insieme lavorano bene: abbiamo tenuto quattro seminari interni per riflettere su alcune nuove tematiche importanti, dal ruolo del pacifismo rispetto alla frattura tra Stati Uniti e Cina al Mediterraneo allargato come ponte dei flussi migratori, dalle iniziative legate all’educazione alla pace al rapporto tra clima e militarizzazione, tra clima e guerre. Ad esempio, abbiamo ottenuto dei grossi risultati nella campagna per lo stop agli export degli armamenti verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, utilizzati nella guerra in Yemen, che ha portato non solo alla sospensione delle esportazioni, ma anche al ritiro di alcune licenze da parte del governo. Oltre 12.500 bombe italiane non potranno più essere utilizzate per colpire la popolazione yemenita, e questo risultato è frutto del pacifismo organizzato, di quell’approccio che noi chiamiamo “Disarmo Umanitario”, il cui obiettivo è quello di proteggere le persone. Abbiamo anche in corso un’azione legale nei confronti di chi ha autorizzato le vendite di bombe e di chi continua ad esportarle e, nonostante il procuratore ne abbia chiesto l’archiviazione, il giudice ci ha dato ragione, quindi l’inchiesta sta proseguendo, per stabilire se ci sono responsabilità».
Risultati concreti
Risultati che, come racconta Francesco, non riscuotono grande risonanza e sembrano una goccia nel mare, ma sono concreti e fondamentali, piccoli ma preziosi passi verso un mondo migliore. «Ognuno è chiamato a fare il proprio pezzo al meglio delle sue possibilità, nella competenza e nella concretezza: le marce e le manifestazioni sono uno strumento fondamentale delle nostre reti soltanto se stanno al servizio di una campagna che viene portata avanti quotidianamente, con progetti e proposte».