I sistemi d’arma prodotti nell’Ue sono utilizzati in zone di conflitto e da governi che violano i diritti umani. Un’iniziativa del Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo vuole introdurre un regolamento dell’export più stringente. Tra i punti, l’istituzione di un organo comune indipendente che valuti continuamente i Paesi a rischio. L’europarlamentare Hannah Neumann spiega come fare.
Mio articolo per Altreconomia
L’Europa ha un problema con le esportazioni di armi. I sistemi d’arma prodotti nell’Ue sono utilizzati in zone di conflitto o in Paesi che violano i diritti umani, come sottolineato da organizzazioni internazionali della società civile e da approfondite analisi. Il rapporto “Smoking guns”, pubblicato nel luglio 2021 dal centro di ricerca Transnational Institute (Tni), conferma come le armi europee siano utilizzate in operazioni militari che hanno portato a destabilizzare interi Paesi e regioni con conseguenti migrazioni forzate. “A union of arms exports”, report di Stop Wapenhandel, evidenzia come le regole sull’esportazione di armi non siano applicate rigorosamente. Adducendo interessi strategici, come la stabilità nei Paesi intorno all’Europa, e interessi economici come l’accesso alle materie prime, le esportazioni di armi sono promosse e sostenute dai governi.
Questo quadro allarmante si inserisce in una dinamica sovranazionale in cui molte forze politiche hanno portato a termine un processo di continua militarizzazione delle decisioni a livello dell’Unione europea: sono state privilegiate scelte che favoriscono un export meno controllato di quanto si dovrebbe, minando le indicazioni della Posizione comune (una norma vincolante per i membri Ue, ndr) elaborata e accettata da tutti i Paesi dell’Ue nel 2008.
Va nella direzione opposta la proposta del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo che vuole introdurre una nuova “Draft regulation” per esercitare un controllo più stretto sulle esportazioni. L’Ue e i suoi Stati membri si sono impegnati formalmente per una politica di esportazione di armi responsabile ma i previsti criteri comuni sono interpretati in modo diverso dagli Stati comunitari. La proposta del gruppo dei Verdi mira a introdurre un regime dell’Unione per il controllo dell’export che mantenga la decisione finale sulle esportazioni a livello nazionale istituzionalizzando la valutazione preventiva del rischio, il monitoraggio e il controllo degli utenti finali a livello dell’Ue.
La bozza di Regolamento non intende trasferire il processo decisionale a livello dell’Ue sulle circa 30mila licenze annuali di esportazione di armi rilasciate negli Stati membri. Non viola la delimitazione delle competenze tra l’Unione e gli Stati ma istituisce un organo comune indipendente di valutazione dei rischi. Questo dovrebbe identificare e aggiornare continuamente una lista di Paesi verso i quali le esportazioni di armi sarebbero problematiche (secondo i criteri comuni) che sarà presentata dalla Commissione come atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio (entrambi potranno richiedere modifiche). Per i Paesi elencati nell’atto delegato, l’organismo di valutazione del rischio svilupperà una valutazione dettagliata del rischio secondo le categorie della lista militare.
Si tratterebbe di una decisione che va nella direzione di quello che pensa l’opinione pubblica: secondo un sondaggio commissionato dai Verdi proprio in vista dell’iniziativa, per il 72% delle persone in tutta l’Ue (ben l’81% in Italia) non si dovrebbero vendere armamenti verso Paesi in guerra o in stato di conflitto (solo l’11% a favore, il 7% in Italia). Il 79% (85% in Italia) non vuole che sistemi d’arma made in Ue siano destinati a Stati con un record negativo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Una posizione chiara che ora necessita regole anche sovranazionali forti e concrete (per il 50% dovrebbe infatti essere l’Unione a regolare la materia).
Hannah Neumann -europarlamentare tedesca da tempo attiva sulla questione, già relatrice in Commissione sede sul rapporto annuale sull’export militare europeo, tra le proponenti dell’iniziativa- spiega ad Altreconomia la proposta e gli obiettivi che si intende raggiungere.
Perché il gruppo dei Verdi al Parlamento europeo ha deciso di impegnarsi sulla questione del commercio di armi? Come si collega alla più ampia piattaforma del vostro partito?
HN Vogliamo che l’Ue sia un attore trasparente, etico e responsabile contribuendo attivamente alla democrazia, alla libertà e alla pace. Vogliamo assicurarci che le armi prodotte nell’Ue non finiscano nelle mani dei dittatori e non siano usate per violare i diritti umani. L’Ue ha otto criteri che dovrebbero impedire le esportazioni di armi nelle regioni di crisi o le esportazioni che contribuiscono alla violazione dei diritti umani. Ma sono interpretati in modo diverso dagli Stati membri. Mentre alcuni Paesi limitano l’export di armi, altri continuano a esportare verso Paesi come l’Arabia Saudita alimentando le guerre come in Yemen. Così non c’è una politica estera coerente dell’Unione, gli Stati membri si indeboliscono a vicenda e le aziende dell’Ue fanno profitto sulla sofferenza di intere popolazioni.
Quale obiettivo intendete raggiungere? Un cambiamento nelle regole e nelle pratiche del controllo delle esportazioni di armi o l’inizio di un dibattito?
HN Non vogliamo che l’Ue sia responsabile di violazioni dei diritti umani o che contribuisca alle guerre nel mondo. L’unico modo per evitare che diversi Paesi esportino unilateralmente armi a dittatori, violatori dei diritti umani o in zone di guerra è stabilire regole davvero legalmente vincolanti. Se un governo dovesse infrangerle verrebbe sanzionato. A nostro parere il controllo delle esportazioni di armi dell’Ue deve essere basato su una politica rigorosa, trasparente e coerente, che comprende chiare sanzioni in caso di violazioni. L’attuale Posizione comune dell’Ue definita nel 2008 deve essere trasformata in una legislazione europea e le strutture comunitarie devono assicurarsi che queste nuove regole siano attuate correttamente.
Nel frattempo il Fondo europeo di difesa (Edf) e qualsiasi altro progetto pagato con fondi europei che abbia come risultato l’esportazione di armi deve essere accompagnato da un meccanismo di controllo stringente a livello Ue. La bozza di nuove norme ha lo scopo di dimostrare che un quadro giuridico rigoroso per le esportazioni di armi a livello dell’Unione è effettivamente possibile e i suoi obiettivi chiave sono davvero raggiungibili.
Si potrebbe dire che un eventuale controllo europeo delle esportazioni di armi potrebbe rendere più burocratica e meno controllabile dall’opinione pubblica una questione così delicata. Come si può rispondere a questa critica?
HN Il progetto di regolamento del Gruppo dei Verdi all’Europarlamento mira ad aumentare la trasparenza sulle esportazioni di armi e a costruire le basi per un discorso pubblico informato su tali decisioni politiche strategiche. Nella proposta sono presenti diversi meccanismi per aumentare la trasparenza come obblighi di notifica più severi sulle esportazioni di armi, l’istituzione di un’unità di intelligence aperta che pubblica rapporti pubblici ed è a disposizione di tutte le parti interessate comprese le organizzazioni della società civile. Gli Stati membri che rilasciano licenze di esportazione a Paesi di destinazione problematici dovranno produrre una giustificazione scritta della decisione. Questa deve essere basata su interessi di sicurezza nazionale e trasmessa al gruppo di coordinamento delle esportazioni di armi che sarà istituito e alla commissione specializzata pertinente del Parlamento europeo. Il progetto di regolamento fornisce una via legale di intervento alla Corte di giustizia europea, anche nei casi in cui uno Stato membro giustifica l’esportazione di armi con motivi di sicurezza nazionale discutibili.