Il nostro Ministero della Difesa continua a ripetere (come un disco rotto) “tutto va bene”, ma i problemi tecnici e di progettazione del super-costoso cacciabombardiere F-35 sono sempre più grandi. Che motivazioni ci sono quindi nel bruciare un sacco di miliardi per il loro acquisto?
Comprereste una macchina, per di più costosa, che ha realizzato solo il 34% dei test programmati? Probabilmente no! e invece il nostro Ministero della Difesa vuole continuare nell’acquisto dei cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter per svariati miliardi nonostante i problemi (che affliggono il programma da diverso tempo) siano sempre più evidenti. E certificati dallo stesso Pentagono che, in un documento ufficiale di revisione dei programmi di armamento in corso, ha sottolineato come nel 2012 ci sia stato un “progresso limitato” nel risolvere le situazioni più delicate.
Eppure non solo il programma continua, sfondando il tetto dei 400 miliardi di dollari complessivi di costo con una crescita del 70% rispetto alle previsioni iniziali, ma si stanno già realizzando i velivoli del sesto e settimo lotto degli undici previsti per lo sviluppo prima della produzione standard. Qualcosa che non potrebbe di certo succedere per una qualsiasi automobile, come dicevamo all’inizio… e che riguarda invece i lotti comprendenti i primi aerei italiani, due dei quali sono già acquistati praticamente per intero mentre per gli altri è partita la produzione dei primi elementi.
Il report dell’ufficio di valutazione del Dipartimento della Difesa USA (uno dei due momenti di screening sul programma insieme ai rapporti del GAO) è davvero impietoso nei confronti del caccia sviluppato dalla Lockheed Martin. Le tre versioni dell’aereo hanno già ora raggiunto il peso massimo consentito per poter volare (la gravità non si può spegnere a piacimento…) ma gli sviluppatori sanno bene che i test che si stanno ancora eseguendo costringeranno all’aggiunta di altro peso (per protezioni, per nuovi componenti, per le armi del caccia) e stanno quindi cercando disperatamente di tagliare dove possibile componenti da pesi anche minimi. Con delle conseguenze davvero paradossali: due delle modifiche introdotte per alleggerirlo di solo pochi kilogrammi (il cambio di qualche fusibile) lo potrebbero rendere il 25% più vulnerabile e addirittura provocarne l’esplosione a mezz’aria. Una situazione già di per se preoccupante e ancora più grottesca se si pensa che in tal caso il nuovissimo e fiammante caccia F-35 sarebbe anche più vulnerabile degli aerei che – secondo le intenzioni – dovrebbe andare a sostituire. Il tutto alla modica cifra di centinaia di miliardi di dollari.
Ma il ritardo nei test (stimato in meno 20% rispetto a quanto previsto) potrebbe comportare intoppi e perdita di capacità anche nella produzione industriale a breve termine, rallentando ulteriormente l’arrivo degli aerei in versione definitiva e costringendo quindi i partner (tra cui l’Italia) a ulteriori costio per cercare di “tappare i buchi” nel periodo in cui si pensava di avere già a disposizione gli F-35.
E mentre i funzionari della nostra Difesa continuano a spergiurare, anche in occasioni ufficiali, sulla bontà del progetto dipingendolo con toni che nemmeno negli USA sono ormai più ammessi (perché almeno negli Stati Uniti i controlli sono seri e precisi, e si ha una vera consapevolezza della situazione) la Tuchia – seguendo l’esempio canadese – ha deciso di sospendere il proprio acquisti di primi due aerei, pianificato ad inizio 2012. Il motivo? Il caccia Joint Strike Fighter non è ancora “al livello desiderato”. Mentre per noi tutto va bene, e il contribuente continua a staccare assegni.