“I dilettanti parlano di strategia, i professionisti si occupano di logistica” diceva il Generale Bradley. E ciò significa che anche il trasporto di truppe o un supporto non militare fanno parte integrante di un’azione di guerra.
Con gli annunci fatti dal ministro Terzi (rinforzati poi da altre dichiarazioni di provenienza governativa) relativamente alla situazione in Mali e al possibile supporto italiano all’azione francese si è tracciata in questi giorni la strada per una nuova partecipazione militare italiana in giro per il mondo. Casualmenteproprio in vista del ritiro dalle sabbie afghane, con l’apertura di un altro possibile fronte pronto a fornire una stampella per la Difesa (un meccanismo che abbiamo descritto già da tempo).
Senza una condivisione degli obiettivi dell’azione, senza un chiaro orizzonte di senso e di copertura da parte degli organismi internazionale (ONU in testa, ma anche l’Europa e la sua cronica carenza in termini di politica estera). E soprattutto senza un minuto di discussione a livello parlamentare, passaggio che dovrebbe essere obbligato nel nostro Paese.
Ma al di là dell’analisi geopolitica e del dibattito tra interventisti e pacifisti le dichiarazioni che leggo (“L’Italia si unisce a Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti nel dare un supporto logistico che si tradurrà in sostegno alle operazioni con aerei da trasporto”) mi fanno ritornare in mente la famosa frase attribuita al generale Omar Bradley, che già ho utilizzato in diverse occasioni sia in libri che in articoli: “I dilettanti parlano di strategia, i professionisti si occupano di logistica”. La logistica come elemento sempre più integrato nelle azioni militari: come in un certo senso è sempre stato, ma con un ruolo ancora maggiore. Perché nella maniera attuale e recente di fare la guerra la logistica determina anche le capacità e i dispiegamenti sul campo di battaglia, interagendo quindi in maniera fondamentale con gli aspetti più prettamente “militari”.
Ed è per questo che il “solito” tentativo di sminuire l’apporto italiano a tutta l’operazione è ancora più subdolo, perché tende a suggerire che l’Italia non si sia sporcando le mani. E che al massimo stiamo facendo i tassisti per conto di altri, come se ciò non configurasse un ruolo fondamentale per un’operazione che sicuramente non si può definire “di pace”. Concetto che è alla base delle mie dichiarazioni rese ieri anche all’agenzia di stampa AdnKronos che mi ha chiesto un parere sull’affare Mail e sull’escalation che sta avvenendo in queste ore.
MALI: INSORGONO I PACIFISTI, L’ITALIA NON SOSTENGA MISSIONE INTERNAZIONALE
RETE DISARMO, SUPPORTO LOGISTICO NON E’ SOLUZIONE, SUBITO DISCUSSIONE PARLAMENTARE
Roma, 17 gen. – (Adnkronos) – L’Italia non deve intervenire, ne’ militarmente ne’ assicurando supporto logistico, nella missione internazionale in Mali. “E’ la solita posizione inizialmente ambigua che poi si trasforma in azioni di violenza armata”, sottolineano le associazioni pacifiste in vista della partenza dei primi aerei ed addestratori italiani per la missione. In ogni caso, la decisione del Governo “meritava certamente una discussione parlamentare piu’ aperta e approfondita”.
“Il sostegno, anche solo logistico, non ci sembra la soluzione ideale per la soluzione dei problemi”, perche’ “quello che e’ stato presentato come un semplice favore alla Francia non e’ poi un’azione cosi’ banale”, dice all’Adnkronos il coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, Francesco Vignarca. “Da tempo – sottolinea Vignarca – si dice che la guerra si vince con la logistica e non solo con le armi, per cui anche se il Governo tende a sminuire il supporto italiano, stiamo parlando di un’azione militare importante del nostro Paese”.
Vignarca lamenta che “tutto e’ stato deciso senza convocare le Camere, senza discussione parlamentare e senza uno straccio di supporto delle Nazioni Unite”. Per il Coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, “il fatto che nessun soldato italiano mettera’ piede in Mali conta poco, perche’ se viene garantito il dispiegamento logistico si sta dando, in pratica, una mano fortissima e fondamentale, per come si fa la guerra oggi, all’intervento militare. Per questo – conclude – crediamo che un passaggio parlamentare e una discussione piu’ aperta siano assolutamente necessarie”.