Il 2017 sarà ricordato come l’anno in cui si è concretizzato il percorso per la messa al bando delle armi nucleari? Forse. Grazie a due avvenimenti di respiro internazionale entrambi ottenuti su spinta determinante della società civile.
Cioè il raggiungimento di un Trattato di messa al bando e il Premio Nobel per la Pace assegnato alla campagna Ican il tema del disarmo nucleare è divenuto ormai centrale nel palcoscenico politico globale.
Ma mentre la politica italiana si accapiglia su questioni di corto respiro e il nostro Paese si accoda alla visione ormai superata di un disarmo raggiungibile solo «a piccoli passi» (nel momento stesso in cui Trump non solo ammoderna, ma intende aumentare gli arsenali nucleari statunitensi) è il Vaticano che ha deciso di assumere un ruolo di leadership in questo ambito.
Cercando di ricomporre le situazioni critiche di conflitto (pur se non risultano confermati voci giornalisticche di «vertici» a Roma…) e facendo ripartire anche al livello delle diplomazie internazionali i passi verso un disarmo nucleare ormai non più rimandabile, pena arrivare davvero alla distruzione dell’umanità a causa delle oltre 15.000 testate ancora presenti nel mondo.
«L’umanità rischia il suicidio»: sono questi i termini chiari utilizzati da Papa Francesco, riferendosi alla minaccia delle armi nucleari, riportati da chi ha assistito alla sua visita di ieri presso gli uffici Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
È proprio questa la struttura vaticana che, da qualche mese, si sta impegnando nell’organizzazione di un Convegno internazionale di alto livello previsto a Roma a metà novembre, con un tempismo fortunato e forse insperato.
Un momento di riflessione ed analisi sui grandi risultati raggiunti nel 2017 e su tutto il percorso di «Iniziativa Umanitaria» che ha portato all’adozione del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari il 7 luglio scorso a New York. Un percorso pienamente caratterizzato dal protagonismo della società civile, che ha fortemente voluto riportare anche il consesso dell’Onu agli obiettivi delle sue origini: i popoli che si uniscono per costruire un mondo in pace, promuovendo il disarmo.
Aspetti ben presenti nell’impianto della conferenza «Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale» con ruoli di primo piano per esponenti della società civile come in particolare gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che da decenni offrono la propria testimonianza per far sì che nessun altro debba mai subire ciò che loro hanno sopportato.
O il Comitato Internazionale della Croce Rossa, che si è fatto da subito portavoce, insieme a un’altra organizzazione Premio Nobel per la Pace la IppNw (Internazionale dei Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare), di questa Iniziativa per poi radunare associazioni e movimenti e convincendo un numero sempre crescente di Stati ad appoggiare il percorso.
È stato inoltre invitato il Segretario generale Guterres ed è confermata la presenza della Sottosegretaria generale e Alta rappresentante Onu per le questioni di Disarmo, la giapponese Izumi Nakamitsu.
Gli interventi di Beatrice Fihn e Susi Snyder, rispettivamente Direttrice e Presidente del Direttivo di Ican – la Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, Premio Nobel per la Pace 2017 – sottolineeranno con l’esperienza di Ican come i grandi cambiamenti possano essere costruiti dal basso: quando grandi movimenti si impegnano per un obiettivo alto è possibile indirizzare le scelte degli Stati, facendo rispettare la volontà dei cittadini.
Un ruolo cui ha dato un forte contributo anche la società civile italiana con Rete Italiana per il Disarmo e Senzatomica, la cui mostra sul tema del disarmo nucleare sarà ospitata in Vaticano negli stessi giorni del Convegno.
Presente alla conferenza anche Jody Williams che vinse il Nobel per la Pace proprio 20 anni fa per un’azione di successo condotta con le stesse modalità di Ican: la Campagna per la Messa al Bando delle Mine anti-persona.
Nel programma anche significativi dibattiti tra diplomatici di diversi Stati e rappresentanti della Nato, importanti in particolare per capire in che modo aprire un varco nell’opposizione dei membri dell’Alleanza Atlantica all’approvazione del Trattato.
Sperando che questo serva anche a svegliare dal torpore il governo italiano, sollecitato in tal senso da 240 parlamentari che hanno deciso di sottoscrivere il «Pledge» di Ican, richiedendo azioni concrete verso la ratifica del Trattato.
Articolo per “Il Manifesto” di Lisa Clark, co-presidente dell’International Peace Bureau e Beati i Costruttori di Pace e Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo