I Paesi delle Nazioni Unite potrebbero finalmente riconoscere le catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso degli ordigni. E restituire dignità alle vittime delle detonazioni. Il 7 luglio in votazione il testo definitivo al palazzo di vetro di New York
Tratto da Altreconomia 195 — Luglio/Agosto 2017
Al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite si sta discutendo da giugno di armi nucleari. L’obiettivo è metterle al bando. Gli Stati dell’ONU -convocati per la seconda serie di negoziati prevista nel 2017- devono definire e approvare un testo di Trattato internazionale che metta fuorilegge gli ordigni atomici. La bozza è stata elaborata dall’ambasciatrice del Costa Rica, Elayne Whyte Gomez, che presiede e coordina il percorso. A meno di imprevisti, il 7 luglio sarà stato votato un nuovo strumento della legislazione internazionale, pronto per la ratifica da parte degli Stati.
La prima sessione del cammino di negoziazione votato dall’Assemblea Generale dell’ONU a fine 2016 -con il parere contrario dell’Italia- si è svolta lo scorso marzo e ha visto la partecipazione di oltre 130 Paesi. “Non del Governo italiano -sottolinea Lisa Clark, vice-presidente dell’International Peace Bureau (www.ipb.org)- che così ha confermato la propria posizione di alleato degli USA, e di Stato che ospita testate statunitensi secondo gli accordi di nuclear sharing”.
A nulla sono valse le iniziative di pressione della società civile che aveva chiesto al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al ministro degli Esteri Angelino Alfano un ripensamento dopo il voto contrario alla mozione “L.41” -il documento ONU che ha convocato i negoziati di quest’anno-. “Quantomeno il nostro Paese non ha partecipato alla inusuale e clamorosa azione organizzata dagli ‘Stati nucleari’, USA in testa con l’ambasciatrice Nikki Haley, che hanno inscenato una protesta nell’atrio del Palazzo di Vetro di New York il giorno dell’inizio dei negoziati”, commenta Enza Pellecchia, direttrice del Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace dell’Università di Pisa (https://pace.unipi.it) e membro del Comitato scientifico di Senzatomica (www.senzatomica.it). “Forse ci sono margini per far acquisire un nuovo ruolo all’Italia, ma senza una pressione positiva della società civile il nostro Governo non cambierà di certo posizione”.
“Nessuna nazione od organizzazione internazionale sarebbe in grado di proteggere le popolazioni colpite. Per questo le armi nucleari devono essere messe fuori dalla storia”, conclude. Nel 2016 il percorso -che ha già animato tre conferenze internazionali (Oslo, Nayarit, Vienna)- ha registrato un deciso salto di qualità. È avvenuto quando tutti -Stati e società civile- hanno concentrato i loro sforzi per dare avvio a una fase di formale negoziato.
“La situazione internazionale attuale, e il richiamo pericoloso alla necessità di armi nucleari, ci obbliga ad agire e forzare la mano perché ormai è chiaro come una graduale riduzione non sia in grado di mettere in dubbio la legittimazione degli ordini nucleari -ribadisce Beatrice Fihn, coordinatrice della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (www.icanw.org)-.
I Governi delle nazioni non nucleari sono preoccupati poiché in caso di detonazione le radiazioni non si fermerebbero ai confini. Un Trattato di messa al bando è uno strumento in grado di ricordarci come le armi nucleari siano inumane e indiscriminate”.
Al momento, le organizzazioni della società civile sono soddisfatte. Il percorso le sta coinvolgendo anche in termini propositivi e di confronto, cosa non abituale per i meccanismi delle Nazioni Unite. Il punto però è che gli Stati nucleari non solo si sono detti contrari a discutere e a sottoscrivere il Trattato, ma stanno addirittura obbligando i propri alleati (si pensi alla NATO) a boicottare i negoziati. Il ricatto, in sintesi, è questo: “Discutere di messa al bando delle armi nucleari renderà impossibile qualsiasi percorso concreto di disarmo”. Considerazioni del genere non sono ignorate dalla campagna ICAN. Che però le rispedisce al mittente. “Nella società civile e in oltre 130 Stati c’è ormai la consapevolezza che non si può più aspettare le mosse degli Stati nucleari, bloccati da veti incrociati da oltre 30 anni. Coloro che hanno nelle proprie mani una potenza nucleare non la dismetteranno volontariamente: sono gli altri a dover pretendere questo passo”, conclude Beatrice Fihn.
4.120 le armi nucleari “operative” nel mondo censite dall’istituto SIPRI nel 2016. L’arsenale complessivo conta 15.395 unità
Quali sono i punti principali della bozza di Trattato attualmente in discussione? Il testo di base è stato ancorato ai principi della legislazione umanitaria, fondandosi sulle esperienze già in vigore di proibizione di armi inaccettabili come quelle chimiche e biologiche, le mine anti-uomo, le munizioni cluster. E il Preambolo mette al centro le preoccupazioni sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso di armi nucleari, nonché l’importanza del diritto umanitario internazionale. La bozza riconosce il ruolo delle vittime di detonazioni nucleari, in particolare degli Hibakusha -sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, in Giappone- e di coloro che hanno sofferto le conseguenze delle sperimentazioni nucleari.
“Questa bozza di Trattato, che ci auguriamo venga approvata, integra un punto molto importante: impedire lo stazionamento di armi nucleari altrui. Già solo questa prescrizione vale tutta la fatica -commenta il professor Paolo Cotta Ramusino dell’Università di Milano e Segretario Generale del Pugwash (https://pugwash.org). Pensate a uno scacchiere mediorientale in cui alcuni Stati siano pronti a concedere porzioni di territorio per installazioni nucleari alleate? Si tratta di un modo, già utilizzato dagli USA con il nuclear sharing anche nel nostro Paese, di aggirare il Trattato di non proliferazione, senza uscirne”.
“La seconda sessione di trattative di New York è una grande occasione anche per la società civile italiana -riflette Daniele Santi, segretario generale della campagna Senzatomica promossa dalla Soka Gakkai Italia (www.sgi-italia.org) -, che sarà presente con una delegazione (compresa la Rete Italiana per il Disarmo, www.disarmo.org) con l’obiettivo di rilanciare le azioni sul disarmo nucleare. Peccato solo che il Governo italiano si ostini ad essere assente”. A New York ci saranno alcuni parlamentari. “Qualcosa si è mosso, con alcune mozioni e interpellanze depositate sia alla Camera sia al Senato -prosegue Santi- ma sarebbe necessario un dibattito più ampio e visibile a livello di opinione pubblica ed istituzioni”.
Il testo di base è ancorato ai principi della legislazione umanitaria, alle esperienze già in vigore di proibizione di armi inaccettabili come quelle chimiche e biologiche
Dal 7 luglio -a Trattato approvato- si aprirà la sfida del processo di ratifica, per fare in modo che si arrivi il prima possibile alla sua entrata in vigore. “Lavoreremo affinché ogni Stati firmi -conclude Fihn- e cercheremo di concentrare gli sforzi sui membri della NATO, in cui sono presenti e forti le nostre campagne. Ci lavoreremo ad uno ad uno. Il Trattato di messa al bando non sarà l’unica ragione per cui otterremo un disarmo nucleare, ma speriamo che sia comunque una delle più importanti”.
Lo stesso si può dire per l’Italia, che finora si è defilata -non volendo intervenire nemmeno in termini critici- contrariamente alla “buona tradizione” nei percorsi di disarmo multilaterale. “Dobbiamo anche chiederci quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli -ha scritto papa Francesco in un messaggio inviato in occasione della prima sessione di negoziati-; l’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario. Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là della paura e dell’isolazionismo che prevale oggi in numerosi dibattiti”.