“La terza guerra mondiale combattuta a pezzi”, come da azzeccata definizione di papa Francesco, costringe anche il pacifismo a ripensare alle sue forme e ai suoi strumenti.
Ma si riuscirà ad essere concreti ed efficaci solo cambiando l’approccio sistemico e non pensando più solo ad azioni di testimonianza utili forse solo a una sistemazione di coscienza. Da più parti ci si chiede dove sia finito il pacifismo, quasi a sottolinearne la scomparsa. In realtà a me sembra che la vitalità delle reti che si occupano di pace e disarmo sia molto forte e se non la si vede è solo perché credo la si cerchi con occhi sbagliati.
Certo bisogna assumere ed evidenziare anche le debolezze indotte negli ultimi anni dalla crisi più generalizzata dell’associazionismo. Non si ha più la forza di organizzare manifestazioni, campagne diffuse, interventi diretti nell’agenda politica che parla di conflitti come era possibile fare in passato. Ma d’altro canto bisogna anche riconoscere che forse quelli non sono più gli strumenti e gli obiettivi funzionali che ci si deve porre. Sono molte altre le cose che abbiamo portato avanti in questi anni e che ci hanno permesso di essere più efficaci. Basti pensare all’ottenimento del Trattato internazionale sugli armamenti, basti pensare alla consapevolezza che siamo riusciti a far crescere nell’opinione pubblica a riguardo delle spese militari e degli acquisti di sistemi d’arma come l’ormai famigerato cacciabombardiere F-35.
In tutti questi ambiti, l’approccio più concreto, più approfondito, più scienti co che le reti della pace e del disarmo hanno messo in campo negli ultimi tempi ha pagato. E ci permette anche di prefigurare azioni e mobilitazioni per il prossimo futuro. Per dimostrare che il mondo della Pace è dinamico e può incidere anche nel dibattito politico e nelle conseguenti scelte.
Un dovere di azione concreta per la Pace che si pone con forza anche innanzi ai credenti, sollecitati come non mai dalle parole di un Papa che ha saputo individuare molto bene la colpa che le strutture di guerra e di armamento hanno sui con itti che si combattono nel mondo. Se riconosciamo che quello della guerra è un sistema, conseguentemente ne deriva che dobbiamo scardinarne alcuni meccanismi, in maniera molto precisa e chirurgica e, nel contempo, costruire sistemi di pace. Da qui le azioni che possiamo compiere anche oggi e che sono già ben strutturate. Il sostegno alla Campagna per la creazione di un Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta, per “Un’altra difesa possibile”. Le azioni incisive sull’export di armamenti anche italiano, come quelle legata alle bombe fornite all’Arabia Saudita, che ha portato a un’inchiesta della Procura di Brescia. Il sostegno alle Campagne internazionali che si occupano di argomenti specifici, ad esempio di ordigni nucleari, per i quali si sta iniziando il percorso di negoziazione di un Trattato di messa al bando. Risultati importanti, come anche quello ottenuto dalla Campagna Mine con un primo voto al Senato verso una legge sul definanziamento della produzione di munizioni cluster.
Potrebbero sembrare passi banali e risultati di poco conto ma se li si analizza in ottica “di sistema” (la stessa proposta prima) ci si accorge della loro importanza. Come in passato – e anche oggi! – ha dimostrato la Campagna Banche Armate slegare l’intreccio tra finanza, armi e guerra è uno dei compiti principali che abbiamo nel nostro orizzonte di lavoro. C’è molto da fare, ci sono strutture e Campagne da ricostruire ma ci sono anche a nostra disposizione una serie di strumenti molto più efficaci del passato. Dobbiamo cercare di utilizzarli per rivitalizzare anche l’entusiasmo di tutte le persone di buona volontà che vogliono lavorare per la Pace e a cui oggi possiamo fornire delle ipotesi di lavoro concrete ed efficaci.
Buona strada di pace a tutti!