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L’ora di percorrere vie concrete per eliminare le armi nucleari

Incontro da domani a New York. Obiettivo: il disarmo atomico. Un mio editoriale per Avvenire.

Mentre il Mondo sembra precipitare in una spirale ineluttabile di tensioni e scontro, e questa congiuntura viene utilizzata dagli interessi armati per spingere retoriche  di militarismo e il riarmo, la società civile globale si ritroverà a New York da lunedì per provare tessere un futuro concreto di disarmo nucleare. Lo farà insieme agli oltre 70 Paesi che hanno già ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) ottenuto con grandi sforzi collettivi nel 2017 (quando grandi potenze e analisti mainstream continuavano a ripetere il problema di questi ordigni fosse sotto controllo) proprio per cercare di eliminare per sempre il loro pericolo distruttivo totale. Sembra strano ritrovarsi a discutere per una settimana su come implementare una norma internazionale, la prima che dichiara apertamente l’incompatibilità tra armi nucleari e Umanità, in un momento in cui le relazioni internazionali sono altamente deteriorate e le reiterate scelte dei leader si indirizzano verso confronti muscolari, se non proprio al conflitto latente o addirittura alla guerra. Ma sono proprio questi i momenti cruciali in cui gli operatori di Pace devono cercare di tenere aperto qualsiasi spiraglio di futuro più sensato e positivo, che non guardi alla violenza e alla forza come unica cifra dei rapporti tra Stati dando un po’ di ossigeno alla cooperazione multilaterale. In definitiva: per non cedere completamente all’idea terribile e suicida di una mutua autodistruzione assicurata. Che un qualsiasi uso di arma nucleare in un ogni possibile scenario di conflitto comporterebbe. 

Sono in tanti a voler tenere aperto questo sentiero, non solo nell’ambito del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari di cui a breve, come detto si aprirà la terza Conferenza degli Stati che ne fanno parte, ma in generale. Non a caso la stessa Assemble Generale delle Nazioni Unite ha votato una Risoluzione che ha dichiarato il 2025 “Anno Internazionale della Pace e della Fiducia”, come “un mezzo per mobilitare gli sforzi della comunità internazionale al fine di promuovere la pace e la fiducia tra le nazioni basate, tra l’altro, sul dialogo politico, la comprensione reciproca e la cooperazione al fine di costruire una pace, una solidarietà e un’armonia sostenibili”. Una presa di posizione che ha invitato la comunità internazionale a risolvere i conflitti attraverso il dialogo e la negoziazione inclusiva, al fine di garantire il rafforzamento della pace e della fiducia nelle relazioni tra gli Stati membri dell’ONU, come valore per promuovere sviluppo sostenibile, pace e sicurezza in un quadro di riconoscimento di diritti umani. Se vogliamo che tutto questo si realizzi non possiamo solo aspettare che le cose si sistemino da sole, ma dobbiamo metterci in gioco (tutti, in particolare la società civile) con quella “ostinazione per la Pace” tanto cara a don Primo Mazzolari che infatti faceva partire qualsiasi percorsi di costruzione della Pace non da sogni irenisti ma da un impegno fattivo in prima persona. Indipendentemente dal comportamento di altri.

Ed è sicuramente questa l’ottica con cui le campagne internazionali per il disarmo nucleare hanno sempre lavorato, e in questa direzione andrà anche il contributo delle organizzazioni italiane. Che saranno presenti al Palazzo di Vetro con la campagna “Italia, ripensaci” (voluta da Senzatomica e Rete Pace Disarmo) per rinnovare la richiesta di percorsi concreti per l’eliminazione delle armi nucleari a cui anche l’Italia potrebbe partecipare. Purtroppo, finora, il nostro Paese ha invece sempre deciso di sottostare alle direttive della Nato allineandosi al comportamento di tutti quei Paesi, non solo del campo Occidentale, che possiedono ordigni nucleari o rimango sotto sotto l’ombrello fintamente protettivo da esse garantito. Rinunciando ad ingaggiare qualsiasi forma di confronto con chi ha invece già aderito ad una norma che le mette al bando. L’Italia avrà il coraggio di almeno presentarsi per illustrare le proprie ragioni e i propri percorsi, visto che ha sempre dichiarato di volere un mondo libero dalle armi nucleari? Verrà ad ascoltare i sopravvissuti a bombe e test nucleari, nell’anno in cui si ricorda l’ottantesimo anniversario dei bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki e nella settimana in cui (il 5 marzo) si celebra la Giornata internazionale per la consapevolezza del disarmo e della non proliferazione? Noi speriamo di sì perché non si può più tollerare che i popoli vivano sotto questa minaccia esistenzale, come ricordato di recente da Mons. Gallagher (segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano) alla Conferenza sul Disarmo di Ginevra:  la “minaccia di annientamento totale”delle armi nucleari è incompatibile con la costruzione di una pace universale. Il continuo ammodernamento e l’espansione di questi arsenali si accompagnano a una crescente escalation di “retorica e minacce sul loro impiego”. Diventa quindi fondamentale avviare negoziati per ridurre ed eliminare “l’immorale”, così l’ha definita Papa Francesco, produzione e detenzione di armi nucleari.