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La follia del pensiero magico di Macron

La nuova era “dei guerrieri” (come piacerebbe a qualcuno) del Mondo viene assunta come un dato di fatto ineluttabile, non come conseguenza di scelte politiche scellerate

Una delle prospettive più rilevanti sulla tempesta perfetta armata che si abbatte sull’Europa, con le folli richieste di riarmo da ogni dove, è quella del ritorno sul tavolo della minaccia di escalation nucleare.

Ancora di più se questo sguardo, rivela elementi cruciali, proviene dall’osservatorio privilegiato della Terza conferenza degli Stati parti del Trattato contro le armi nucleari, in corso al Palazzo di Vetro dell’Onu.

Dove Stati e società civile, tra cui la nostra Rete Pace Disarmo (che con un intervento ha stimolato azioni concrete di universalizzazione a partire da sostegno alle comunità colpite), stanno cercando di porre rimedio alle politiche di supremazia nucleare dispiegate da alcuni Stati. Scelte di pochi che però minacciano tutti, solo per poter mantenere una posizione di predominanza.

In una fase storica recente già contraddistinta dal cambio di dottrina nucleare russa, e dallo spostamento in Bielorussia di alcune testate da parte di Putin, l’apertura di Macron a un «dibattito con gli alleati europei» sul possibile uso della forza di dissuasione nucleare francese aumenta di un po’ la temperatura di questa escalation, per ora solo politica e verbale, davvero pericolosa. Ma di cosa si tratta, veramente? C’è davvero qualcosa di strategico e concreto che possa cambiare la qualità della difesa militare dell’Europa? In realtà al momento dall’Eliseo sembrano arrivare solo, come troppe volte successo negli ultimi anni, reazioni retoriche basate su pensiero magico, congiuntura politica interna e premesse sbagliate.

La nuova era “dei guerrieri” (come piacerebbe a qualcuno) del Mondo viene assunta come un dato di fatto ineluttabile, non come conseguenza di scelte politiche scellerate.

Come ha giustamente sottolineato Pavel Podvig (studioso di strategia e forze russe) domandandosi se la Francia fosse più o meno disposta a rischiare una ritorsione nucleare sulle proprie città (che non potrebbe mai fermare) in risposta ad un attacco di Putin ad un altro Paese europeo: «Le armi nucleari possono sembrare una bacchetta magica in grado di proteggervi da tutto. Ma se si affronta seriamente il dibattito strategico proposto da Macron, è inevitabile concludere che le armi nucleari non ci proteggeranno per niente».

Questo elemento di possibile “nucleare europeo“, che molti mettono sul tavolo senza prefigurarne le conseguenze, si inserisce come elemento emblematico nelle scelte di riarmo della Commissione e, a cascata, di tanti Stati dell’Unione (prima tra tutte la Germania).

Ancora una volta la prospettiva che si ha da lontano, qui a New York è illuminante. Ieri un collega statunitense mi ha chiesto: «Ma davvero l’Unione europea vede Trump come un nemico e una minaccia? Perché in realtà sta facendo proprio tutto quello che lui vuole che faccia!». Esatto: il piano di finanziamento alle spese militari da 800 miliardi non andrà a sciogliere alcun nodo reale per la difesa comune europea, che fondamentalmente è un problema politico, istituzionale, strutturale.

Ma soprattutto ingrosserà i fatturati già in esplosione delle industrie militari, soprattutto quelle statunitensi, togliendo anche all’amministrazione Trump l’esigenza di spendere per una situazione bellica in Europa che vede solo come intralcio. Ma senza un vero disimpegno dal nostro Continente, come commentatori troppo ligi al canone Nato continuano a ripetere, perché ma in questi mesi è stata avanzata l’ipotesi che lo renderebbe reale: l’abbandono delle basi statunitensi in Europa e la partenza delle decine di migliaia di soldati a stelle e strisce acquartierati nei nostri Paesi.

Certamente per smontare la follia bellicista in corso, basata su ricette che si sono già rivelate altamente fallimentari in passato e vengono riproposte come un martellante mantra grazie alla connivenza della maggioranza dei media, bisognerà partire “dal basso” evidenziandone le contraddizioni. E anche quanto tali scelte andranno a distruggere le condizioni materiali e democratiche dei popoli che vorrebbero invece “proteggere”. Ma, paradossalmente, anche una azione dall’alto della piramide della militarizzazione, incarnata dalle armi nucleari, potrebbe essere efficace e fondamentale. Perché è da quel punto di coercizione estrema, un approccio realmente mafioso alla politica internazionale, che derivano i sistemi e le scelte che ci impediscono di costruire la pace.

Come ha dichiarato Melissa Parke (direttrice della campagna ICAN, l’organizzazione premio Nobel per la pace nel 2017): «In tempi difficili come questi, potremmo essere portati a ridurre le nostre aspettative. Ma più la posta in gioco è alta, più dobbiamo essere ambiziosi. Il nostro obiettivo deve rimanere l’eliminazione, non il semplice prolungamento del periodo di non utilizzo delle armi nucleari. E dobbiamo insistere affinché non sia un sogno lontano, ma una necessità urgente».