Aumentano le spese militari in tutta Europa e l’Italia non fa eccezione. La corsa al riarmo come preludio a un conflitto mondiale?
La possibilità che i molteplici conflitti in corso diventino una guerra globale non è frutto di coloro che hanno una visione apocalittica del futuro. È il rischio concreto che si pone con il circolo vizioso innescatosi tra aumento delle spese in armi a livello mondiale e moltiplicarsi delle guerre.
Ce lo spiega bene Francesco Vignarca, coordinatore Campagne di Rete pace disarmo, partendo dalla constatazione che da un paio d’anni a questa parte l’invasione russa dell’Ucraina ha dato avvio a una serie di decisioni che hanno “portato a un record di investimenti diretti e in indiretti, che hanno fatto esplodere anche i fatturati, gli stock in borsa e gli ordini dei produttori di armi”.
Vignarca spiega che già da un ventennio si è via via irrobustita la crescita delle spese in armamenti dei diversi Stati in tutto il mondo: “Nel 2022 si è toccato i 2.240 miliardi di dollari, il doppio rispetto all’inizio del secolo. Questo è stato giustificato con la guerra al terrorismo, dopo l’attentato alle Torri gemelle e la guerra in Afghanistan. Un rilancio che ha aumentato i conflitti. L’idea è che l’intervento militare sia possibile ovunque si voglia, in base a esigenze e pressioni di potenza dei singoli Paesi, mentre non ci si appella alle norme internazionali per prevenire e frenare conflitti”.
“Questo ha spinto anche i Paesi minori ad armarsi secondo la retorica che più si afferma di essere in pericolo, più ci si arma e si cerca di essere preponderanti facendo crescere i propri bilanci militari. Arrivando poi alle cosiddette profezie che si auto-avveranno e quindi alle esplosioni di nuove guerre”. “Inoltre – prosegue Vignarca – prima i politici nascondevano i propri intenti, mentre ora dichiarano apertamente la loro volontà di aumentare le spese militari”.
L’EUROPA NON FA ECCEZIONE
Il coordinatore Campagne di Rete pace disarmo giunge quindi a portare l’esempio dell’Europa, precisando come non sia stata aumentata solamente la spesa dei singoli Stati, per i quali le proiezioni per il 2024 parlano di 28 miliardi (10 per nuovi armamenti), ma ha subito una crescita anche la spesa collettiva dell’Unione europea. “In questo giro di bilancio – aggiunge – sono stati stanziati i primi fondi diretti per l’industria militare, con l’European Defence Fund, e sempre più fondi sono stati erogati per la produzione e l’invio di armi in Ucraina. Ancora una volta gli Stati si preparano ai conflitti armandosi per un confronto muscolare e violento, non per risolvere i problemi, come ad esempio le disuguaglianze e il cambiamento climatico”.
Sono proprio le due piaghe citate da Vignarca a essere tra le cause dell’ampliamento dei focolai di guerra nel mondo: ne sono causa ed effetto. “Dietro le guerre in corso, sia quella in Ucraina che quella in Medio Oriente, c’è un gioco che riguarda la presenza delle potenze: ad esempio, nel Mediterraneo, con l’ascesa di nuovi attori regionali, oltre al confronto globale tra Cina e Stati uniti”.
La Marina militare del nostro Paese è stata chiamata come parte attiva nella crisi del Mar Rosso. “L’Italia si muove con i partner europei se sono minacciati interessi economici, ma questo non accade per i diritti delle persone come per la situazione nello Yemen (direttamente interessato nella suddetta crisi, ndr). Il ruolo dell’Occidente non è più riconosciuto nel cosiddetto Sud del mondo perché fa una cosa e ne predica un’altra: il doppio standard comporta un’insicurezza globale”.
AFFARI PIÙ CHE SPORCHI
Sull’Italia e gli interessi economici nel commercio di armi è Giorgio Beretta a parlare, in quanto analista del commercio bellico dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere. Torna a parlarci del tentativo dell’attuale governo di allargare le maglie dell’export di armi attraverso nuove norme: “Un disegno di legge approvato dalla commissione Affari esteri e difesa del Senato contiene tre emendamenti che riducono gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari”, normati da una legge ad hoc.
Gli scopi sono due: “Ridurre al massimo la trasparenza, garantita dall’informazione pubblica e al Parlamento, sulle attività di esportazioni di armi e sistemi militari e limitare i divieti che vengono decisi sulla base delle norme nazionali e internazionali dall’Unità per le autorizzazioni di materiali d’armamento insieme al ministero degli Esteri”.
Oltre a sottolineare la gravità di tali mosse da parte del governo, Beretta aggiunge l’aggravante della volontà di cancellare la lista delle “banche armate”, perché dalla Relazione al Parlamento saranno “eliminati tutti i dati sulle singole autorizzazioni ed esportazioni per tipo di armi, quantità e valore e tutte le informazioni riguardo alle attività delle banche”. Quindi annuncia una compagna promossa anche dalle riviste Missione Oggi, Mosaico di Pace e Nigrizia.
Oltre a battersi affinché, a partire dal nostro Paese, vi siano norme stringenti sul commercio d’armi, Vignarca conclude affermando che “la soluzione per una de-excalation dei conflitti sta nello stop al riarmo globale, ma anche dal tentativo di rimettersi attorno a un tavolo per una nuova conferenza di pace che possa mettere in equilibrio la situazione in termini cooperativi e non di contrasto”.