Parla il coordinatore campagne di Rete Pace e Disarmo, Francesco Vignarca: “Italia ambigua sull’invio di armi, Crosetto deve spiegare”.
Intervista per “La Notizia”, di Davide Manlio Ruffolo
Sta facendo rumore il blocco in porto a Salerno di una nave contenente armi per Israele. Del resto il governo Meloni aveva detto che dal 7 ottobre non avrebbe più fornito supporto militare a Tel Aviv ma evidentemente continua a fornire servizi di logistica alle navi in transito.
Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana pace e disarmo, secondo lei dal governo ci è stata raccontata una mezza verità?
“C’è sicuramente poca chiarezza. Nei giorni scorsi Giuseppe Conte, come avevamo fatto anche noi di Rete pace e disarmo e Amnesty, ha chiesto lo stop all’invio di armamenti verso Israele ma la risposta del governo non è stata convincente. Deve essere chiaro che per noi nessuna arma deve entrare nel conflitto sia perché così facendo lo si alimenta e sia perché ce lo impongono le norme nazionali ed internazionali. Queste, infatti, impediscono di fornire armi quando c’è un conflitto in corso oppure in presenza di possibili violazioni dei diritti umani o di crimini di guerra, proprio quello che sta accadendo a Gaza. Quando la richiesta di fermare l’invio è arrivata in Parlamento grazie a Conte, il ministro Crosetto ha risposto anche se non è stato chiaro perché non si è capito se lo stop riguarda il rilascio di nuove autorizzazioni all’esportazione di armi ma tenendo in vigore quelle già esistenti oppure se è stato fermato tutto. Per questo ribadiamo l’invito al governo a far capire nel dettaglio cos’è stato deciso. Tornando alla domanda, se è stato sospeso tutto allora a Salerno è solo una questione logistica, la quale resta comunque problematica, se sono state bloccate solo le nuove autorizzazioni allora c’è il rischio che su quella nave finiscano anche armi italiane”.
Quanto la preoccupa il conflitto mediorientale?
“Sono molto preoccupato perché c’è la possibilità di un’escalation, coinvolgendo la Cisgiordania o altri Paesi arabi, e perché in questa guerra come in quella in Ucraina sono coinvolte potenze nucleari, la Russia e Israele, che in più occasioni hanno minacciato il ricorso a questi terribili armamenti. Dobbiamo fare attenzione perché sempre più spesso assistiamo a una narrazione politica in cui l’arma nucleare non viene più descritta come un deterrente che nessuno userà mai ma come una carta che se necessario può essere giocata”.
Conte si è scontrato più volte con il governo per la linea eccessivamente bellicista…
“Sosteniamo da tempo che ogni volta che c’è un conflitto, l’invio di armamenti non lo risolve ma lo peggiora. Drammaticamente con quello che sta succedendo, soprattutto in Palestina, stiamo stracciando decenni di diritto internazionale volti a tutelare le vite dei civili. E ci stupisce molto, in un certo senso positivamente anche se va in contrasto con tutto quello che sta facendo il governo, sentire Crosetto dire che ‘Conte sbaglia a fare polemica perché è automatico che venga sospeso l’invio di armi’. Questo perché non ci risulta l’esistenza di un simile automatismo che noi, infatti, chiediamo e auspichiamo”.
Parlando di ‘business delle armi’, quanto ci è costato il supporto all’Ucraina?
“Non è facile dirlo perché l’Italia è uno dei pochi Paesi ad aver secretato i relativi decreti e perché abbiamo inviato anche residui di magazzino. Quello che sappiamo è che per inviare armamenti, l’Europa ha sfruttato un trattato che ironicamente si chiama ‘strumento europeo per la pace’ con cui sostanzialmente ci hanno detto: voi inviate le armi e noi ve le rimborsiamo. Ma è falso pensare che tutto ciò avvenga a costo zero perché quel fondo lo finanziano i Paesi membri, Italia inclusa, e infatti è sicuro che fino all’inizio dell’anno scorso abbiamo già speso almeno un miliardo di euro per aiutare l’Ucraina”.
In netta controtendenza con il passato, il governo Conte fece un embargo all’Arabia Saudita perché bombardava lo Yemen ma questo poi venne revocato da Draghi. Contano più i soldi delle armi che le vite umane che queste causano?
“Conte fece bene anche se quello, a onor del vero, non era un embargo totale, questo perché ha riguardato solo bombe e missili, e quindi parlerei più di una ‘sospensione’. Detto questo, quella decisione è arrivata dopo due anni di lotta parlamentare a cui abbiamo partecipato anche noi e che, tra l’altro, conferma ulteriormente quanto le dicevo prima ossia che non ci risulta l’esistenza di alcun automatismo che fermi l’invio di armi in specifici casi. La realtà è che troppo spesso si pensa più ai soldi che alle vite umane. Ma se vogliamo essere una democrazia che rispetta il diritto umanitario e evita i crimini di guerra, allora dobbiamo essere coerenti senza cedere al business delle armi oppure al fatto che ci siano Paesi amici a cui inviamo armi e altri che devono subirle”.
Quali speranze ci sono per arrivare alla cessazione delle ostilità tra Russia e Ucraina?
“Purtroppo mi sembra ancora lontana perché permane la cocciutaggine di chi ancora crede che la guerra porti la pace. Credo sia ormai evidente a tutti, tranne a chi tutto ciò porta vantaggi, che inviare armi sempre migliori non risolve la situazione ma la aggrava. La pace può arrivare soltanto attraverso la diplomazia e in tal senso trovo desolante l’assenza dell’Unione europea che avrebbe potuto recitare un ruolo di mediatrice e invece si è limitata ad assecondare le scelte di altri”.