Secondo Francesco Vignarca, autore di Disarmo nucleare, “il possesso incoraggia un comportamento che ignora i pericoli”. Una riflessione adatta per l’International Day for the Total Elimination of Nuclear Weapons. Una recensione su “La Svolta”, di Sara Peggion
Sapresti dire quante testate nucleari ci sono nel mondo? E cos’è la teoria della “deterrenza”? Nella Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari (oggi, 26 settembre), il saggio appena uscito per Altreconomia cerca di fare chiarezza e invita a prendere consapevolezza su un tema molto caldo, sia per la guerra in Ucraina e le minacce russe di un possibile utilizzo, che per il film Oppenheimer, che racconta la vita del “papà” dell’atomica. Senza dimenticare l’80° anniversario del bombardamento di Hiroshima (lo scorso 6 agosto) e di Nagasaki (il 9).
Il libro è intitolato Disarmo nucleare (192 pagine, 16 euro) ed è scritto da Francesco Vignarca, coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo, da anni autore di pubblicazioni relative al commercio di armi e alle spese militari. Tantissimi i dati presenti nell’opera che, partendo dai primi test nucleari negli Stati Uniti e dalla corsa agli armamenti durante la Guerra fredda, fotografano anche (e soprattutto) la situazione odierna.
”All’inizio del 2023, secondo le stime della Federation of American Scientist, il totale complessivo delle testate nucleari nel mondo rimane a un livello molto alto, con 9 Paesi che possiedono circa 12.500 ordigni – scrive Vignarca – Come per tutta la storia degli arsenali nucleari, sono sempre gli Stati Uniti con 5.244 testate e la Russia con 5.889 a essere i principali attori, possedendo circa l’89% del ‘magazzino’ totale di armi nucleari (e l’86% delle testate disponibili per l’uso militare, cioè 4.489 la Russia e 3.708 gli Stati Uniti). Al momento attuale nessun altro Stato dotato di armi nucleari ritiene necessario per la propria sicurezza nazionale un possesso che vada oltre qualche centinaio ma programmi di ammodernamento e di riarmo sono in corso più o meno in tutti i Paesi nucleari”.
Gli Stati Uniti sono anche l’unico Paese ad aver storicamente dispiegato proprie testate su altri territori (inizialmente contro la minaccia di una invasione sovietica) anche se, osserva l’autore, negli ultimi mesi la Russia ha dichiarato l’intenzione di spostare alcune testate tattiche in Bielorussia. ”Dal picco di 7.300 toccato nel 1971, si è avuta una riduzione del 98% delle armi nucleari statunitensi in Europa: attualmente rimangono dispiegate circa 100 testate”.
Le condizioni di sicurezza europee sono però cambiate significativamente: quasi tutti i Paesi che una volta erano potenziali obiettivi ora sono membri della stessa Alleanza Atlantica. “Oltretutto, la stessa Nato ha ridotto il livello di prontezza degli aerei a tal punto che sarebbe probabilmente più conveniente, durante una crisi, trasferire le armi dagli Stati Uniti piuttosto che aumentare il livello di prontezza delle forze già dispiegate in Europa” scrive l’autore.
Il business tuttavia non cessa: secondo l’Ican, l’organizzazione no-profit per il bando delle armi nucleari, vincitrice del Premio Nobel per la pace nel 2017, la spesa militare totale per le armi nucleari degli Stati nel 2022 è stata di 43,7 miliardi di dollari, quella russa di 9,6 miliardi, quella cinese 11,7 miliardi. Il guadagno per il settore privato è stato di almeno 29 miliardi di dollari.
Il saggio, oltre ai dati, aiuta anche a comprendere il paradosso della teoria della deterrenza che, secondo Francesco Vignarca, proprio in Ucraina ha fornito la più recente dimostrazione di non funzionare. “Nonostante le affermazioni dei leader, le armi nucleari non prevengono le guerre né rendono la vita più pacifica, ma mettono a rischio la sopravvivenza dell’intero Pianeta – scrive l’esperto – La deterrenza è una carta politica da giocare per mantenere uno status privilegiato e una sorta di polizza assicurativa rispetto a possibili attacchi. Lungi dal dissuadere dalla guerra, il possesso di armi nucleari incoraggia un comportamento militare sconsiderato che ignora i pericoli del mondo reale e consente a certi leader di credere di poter dissuadere gli altri, godendo di libertà d’azione infinita e impunità per se stessi”.
Da coordinatore della rete italiana pace e disarmo, Vignarca dedica ampio spazio anche alla storia dei trattati per la riduzione delle armi, da quello di non proliferazione nucleare del 1970, siglato da 189 Stati, a quello di proibizione siglato nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021 (Tpnw), adottato dall’Onu ma non dal nostro Paese. E che ha dato origine alla campagna pacifista Italia, ripensaci.