Inizia a Vilnius un vertice Nato particolarmente complesso. L’unico tema su cui i leader saranno d’accordo, dice Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, a Fanpage.it è probabilmente quello dell’aumento della spesa militare.
Quello che comincerà oggi a Vilnius, in Lituania, è un vertice Nato delicatissimo. E l’unico tema su cui non sembrano esserci dubbi è quello dell’aumento della spesa militare, tanto discusso anche in Italia. Il governo italiano non ha mai nascosto che aumentare le spese militari, arrivando al 2% del Pil come richiesto dalla Nato, può essere problematico per alcuni Paesi che non hanno molto margine di movimento sui conti pubblici. Ma nonostante questo non c’è dubbio: anche Giorgia Meloni ha assicurato che spenderà di più in Difesa.
E proprio questo aumento dell’esborso militare potrebbe essere il collante del vertice di Vilnius. “Si apre un vertice in cui ci sono sul tavolo tante cose e la paura è che l’unica cosa su cui tutti si troveranno d’accordo è l’aumento della spesa militare. Indipendentemente dal fatto che ci sia o meno un allineamento su come farlo, questo tema sarà un po’ una panacea”, ha detto a Fanpage.it Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo.
A oltre 500 giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina, sul tavolo dei leader dell’Alleanza Atlantica ci sono temi complessi, come la questione della Svezia, che spinge per entrare mentre nella Nato la Turchia fino a ieri sera ha frenato (per poi dare il via libera dopo un incontro tra i due presidenti), quella degli Stati Uniti, che hanno annunciato l’invio di bombe a grappolo in Ucraina mentre la maggior parte dei Paesi europei fa parte della Convenzione Onu che le proibisce, o quella della Bielorussa, dove il Cremlino ha detto di aver spostato parte del suo arsenale nucleare, spingendo potenzialmente altri Paesi dell’Est Europa a chiedere maggiori garanzie di sicurezza. E se in molti ambiti manca, per ora, una sensibilità comune, c’è appunto un punto su cui tutti i Paesi Nato sembrano pensarla allo stesso modo: l’aumento della spesa militare.
La questione delle bombe a grappolo
Il primo tema complesso che si troveranno ad affrontare i leader Nato, però, è sicuramente quello delle bombe a grappolo, che gli Stati Uniti hanno annunciato di essere pronti a fornire a Kiev. “La stragrande maggioranza dei Paesi Nato fa parte della Convenzione contro le bombe a grappolo. Ovviamente non gli Stati Uniti”, ha sottolineato Vignarca. “Da un lato molti Paesi si sono espressi contro la decisione di Washington. La Nato non ha una sua posizione su questo punto. L’Alleanza comunque si esprime per consenso, che in questo caso non c’è. Sarebbe però importante che la maggioranza dei Paesi, proprio per mostrare che si tratta di un’alleanza e non di un protettorato, si esprimesse e mettesse sul tavolo la questione”, ha aggiunto.
L’entrata della Svezia nell’Alleanza
Non è l’unico tema scivoloso. “C’è poi la questione di concludere il processo di entrata della Svezia nella Nato. La Finlandia ce l’ha fatta, la Svezia ancora no, perché c’è in quel caso il problema con la Turchia. Poi c’è anche il tema dell’allargamento a Kiev e anche questo non è indifferente. E poi c’è quello dello spostamento di interesse: ci sono Paesi come la Polonia e quelli del Baltico, che sono più a Est e risentono maggiormente della presenza russa, e chiedono maggiori tutele per la loro sicurezza”, ha spiegato Vignarca. Per poi sottolineare: “Il rischio che posso vedere in prospettiva è che qualcuno chieda di portare le armi nucleari anche lì”.
Le bombe nucleari e lo spostamento a Est
Il principio Nato del cosiddetto “nuclear sharing” è quello per cui Paesi come Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Turchia ospitano sul loro territorio parte dell’arsenale atomico statunitense. Ora, suggerisce Vignarca, anche alcuni Paesi che si trovano più a Est, e che si sentono quindi più esposti alla minaccia del Cremlino, potrebbero chiedere agli USA di portare le armi nucleari sul loro suolo. “Tra l’altro la Russia ha detto di aver dispiegato alcune testate nucleari in Bielorussia, ora anche la Polonia potrebbe fare pressioni in quella direzione. E anche se Varsavia non ottenesse uno spostamento fisico della armi nucleari, comunque riuscirebbe a spostare l’attenzione della Nato sempre più verso Est”, ha detto il coordinatore delle campagne per il disarmo.
“Secondo gli ultimi dati Nato la Polonia ha speso, in percentuale rispetto al Pil, più degli Stati Uniti. Washington spende circa il 3,5% del Pil, Varsavia è quasi al 4%”, ha aggiunto Vignarca, evidenziando che oltre a Polonia e Stati Uniti i Paesi che spendono di più per la Difesa sono tutti nei Baltici o comunque nell’Est Europa.
Perché l’aumento della spesa militare non è giustificato
L’aumento della spesa militare, secondo la Rete pace e disarmo non solo è un errore, ma non ha alcun senso pratico: “Nel 2022, secondo gli ultimi dati del Sipri, la Nato aveva registrato una spesa militare di circa 1.230 miliardi di dollari su un totale di 2.240, quindi il 55%. Se si fa il paragone con la Russia, che ha speso invece circa 87 miliardi di dollari, stiamo parlando di circa 1.143 miliardi in più. Non c’è una giustificazione dietro questo aumento”, ha concluso l’attivista. Non stiamo spendendo meno di quanto fanno gli avversari, in altre parole, per cui un nuovo aumento appare davvero ingiustificato da ogni punto di vista.