“Si sfrutta il macigno della drammatica situazione in Ucraina per portare a casa soldi e favori all’industria delle armi. È in atto un favoritismo estremo per l’industria militare”: lo ha detto Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, in un’intervista con Fanpage.it
L’Unione europea ha lanciato un piano per aumentare e accelerare la produzione di munizioni da mandare in Ucraina. E, allo stesso tempo, ha aperto alla possibilità di utilizzare i fondi del Pnrr per fabbricare armi. Si tratta dell’Act in Support of Ammunition Production, Asap (come la sigla inglese as soon as possibile) e prevede lo stanziamento di un miliardo di euro per l’industria bellica, affinché acceleri la produzione di munizioni da inviare a Kiev: 500 milioni arriveranno dal bilancio comunitario, altri 500 dovranno essere esborsati dagli Stati membri, attingendo appunto anche dai Pnrr. “Dobbiamo sicuramente sottolineare che c’è stata un’accelerazione e ora si rischia di spostare fondi dai Recovery Plan all’industria delle armi, ma tutto questo si basa su decisioni prese negli ultimi anni che già spostavano fondi per destinarli alla produzione militare“, ha detto Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, in un’intervista con Fanpage.it.
“C’è stato un voto che la Commissione ha indicato come una procedura urgente, ma deriva da un precedente accordo degli Stati membri per produrre le munizioni per l’Ucraina. L’accordo del Consiglio risale a marzo prevede tre fasi. La prima consisteva nel spostare gli stock esistenti sull’Ucraina; la seconda nel comprare munizioni nuove e migliori; e la terza era quella per l’aumento della produzione. Ed è proprio questo l’Asap. Ma, ripeto, era qualcosa di già previsto a marzo”, ha ribadito Vignarca. Per poi sottolineare: “Anche se il grosso delle risorse esistenti vengono dal Fondo europeo per la Difesa e dalla European Peace Facility, che erano già state predisposte in precedenza, ora c’è anche la possibilità di spostare fondi dal Recovery Plan. Si potranno anche spostare fondi strutturali, che sono i fondi regionali, sociali e di coesione”.
Secondo Vignarca c’è un’ipocrisia di fondo, per cui si utilizza quanto sta accadendo in Ucraina per giustificare delle misure che, prima di tutto, sono un piano industriale in favore del settore bellico. “A livello normativo il pacchetto è stato approvato, proprio perché inserito in un piano di economia di guerra, permettendo deroghe a livello temporale, sociale, ambientale, di contratti pubblici. È un favoritismo estremo per l’industria militare”, ha spiegato il coordinatore della Rete Pace disarmo. Per poi spiegare: “Se si vogliono stanziare fondi per un programma sociale si devono fare mille richieste e dimostrare di avere altrettanti criteri, assolvendo a una serie di giuste regole sulla trasparenza. Ma invece si vuole trasformare una fabbrica che fa tombini in ferro in una che produce armi e munizione, lo si potrà fare con minori controlli e derogando a regole ambientali, del lavoro eccetera”.
E ancora: “È veramente un’economia di guerra. Si sfrutta il macigno della drammatica situazione in Ucraina per portare a casa soldi e favori all’industria delle armi. Stanno rendendo ancora più drammatico e strutturale un ragionamento di economia di guerra che già c’era, quando però in pochi se ne accorgevano”.
Quanto sta accadendo a Bruxelles, insomma, non sarebbe altro che l’apice di una tendenza a favore dell’industria delle armi in atto già da anni. “Quanto accaduto è secondo noi incredibilmente preoccupante, ma non è successo di colpo: è parte di un percorso che ha portato a un continuo innalzamento dell’asticella. Il budget dell’Unione europea è fisso, se si aumentano risorse da una parte bisogna obbligatoriamente tagliare da qualche altra. Non è come con gli Stati, che possono decidere di fare più deficit un anno. Già in passato l’Ue aveva spostato fondi in favore dell’industria delle armi. Quando poi è scoppiata la guerra in Ucraina tutto ciò è aumentato, ovviamente.