Intervista per il Fatto Quotidiano, di Lorenzo Giarelli
“Nei fatti non cambia nulla rispetto al governo Draghi, ma Meloni manda un messaggio preciso, esplicitando il sì alla vendita anche di bombe e missili ed elogiando Abu Dhabi”. La sintesi è di Francesco Vignarca, analista della Rete Pace e Disarmo e dell’Osservatorio sulle spese militari. Al di là dei tecnicismi, la decisione del governo è un segnale chiaro: “Quell’area è un mercato dorato, l’esecutivo vuole definitivamente superare la crisi diplomatica degli ultimi anni”.
Francesco Vignarca, partiamo dall’aspetto giuridico. Potremmo vendere armi di ogni tipo agli Emirati?
Questo è ciò che ritiene di poter fare il governo, anche se la legge 185 del 1990 impone lo stop all’esportazione verso i Paesi in guerra o dove c’è una violazione dei diritti umani. Gli Emirati sono stati a lungo impegnati, insieme all’Arabia, nella guerra in Yemen e hanno occupato l’isola di Socotra, a proposito di “aggressori” e “aggrediti”. Il governo italiano esplicita quello che comunque era già nei fatti.
Cioè?
Col governo Conte-1 c’era stata una prima sospensione di licenze per l’esportazione di bombe e missili, poi il Conte-2 aveva cancellato quelle licenze e stabilito la necessità dell’end-user certificate per la vendita. Ovvero: un documento che attestasse che il materiale spedito negli Emirati (e in Arabia Saudita) non fosse poi usato per la guerra in Yemen, tristemente nota per le stragi di civili. Il governo Draghi, pochi mesi più tardi, ha eliminato la clausola dell’end-user e da allora l’Italia ha ripreso i commerci con Abu Dhabi, fregandosene già in quel momento della legge 185 del 90. Dopodiché, gli Emirati hanno iniziato un percorso di tregua in Yemen e, con questo pretesto, oggi Meloni mette nero su bianco il via libera a ogni tipologia di armamento.
C’è da fidarsi degli Emirati rispetto all’atteggiamento in Yemen?
La guerra è scoppiata nel 2015. Ci abbiamo messo 6 anni per rendere effettivo un primo blocco, per quanto parziale e pur sempre aggirabile. Forse ci sarebbe voluto un po’ più di tempo per giudicare la consistenza dello sforzo emiratino? Anche perché i destini della guerra dipendono soprattutto dai rapporti tra Arabia Saudita e Iran: se tra qualche mese fossimo punto e a capo, noi – in linea teorica – avremmo fornito agli Emirati le armi con cui combattere di nuovo in Yemen.
Quindi la mossa del governo è un segnale politico?
È soprattutto una mossa politica conseguente al riavvicinamento degli ultimi mesi. È una manipolazione, nel senso che nei fatti non c’era alcun blocco in essere, abbiamo venduto centinaia di milioni di euro di armi agli Emirati negli ultimi anni. Il governo Meloni lo scrive in maniera subdola, sembra quasi che fino a ieri ci fosse un embargo.Perché esplicitarlo, quindi? Evidentemente c’è l’esigenza di ingraziarsi questi Paesi, come dimostrano i recenti viaggi ad Abu Dhabi di Meloni e non solo. Evidentemente gli Emirati chiedevano anche un passaggio politico forte da parte nostra, oltre alla ripresa dei normali rapporti commerciali nel settore Difesa. Perciò l’Italia si inchina, mandando un messaggio per promuovere il comportamento arabo in Yemen, come per “giustificare” l’export di armi verso quelle zone.