A UN ANNO DALL’INIZIO DELL’INVASIONE DELL’UCRAINA. Da Bolzano a Palermo passando per Napoli e altri capoluoghi, marce, fiaccolate e manifestazioni contro la politica in armi. Sostegno alla popolazione ucraina ma anche attenzione agli altri conflitti nel mondo dallo Yemen al Congo
Articolo per il ManifestoSe le consideriamo in ordine alfabetico si parte da Acireale e si arriva a Zagarolo. Ma è davvero coperta tutta la Penisola: da Bolzano a Palermo (dove ieri sono scesi in piazza migliaia di studenti), da Torino a Bari passando per Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e praticamente tutti i capoluoghi di regione. Sono le oltre 120 città coinvolte nelle manifestazioni promosse dalla coalizione Europe for Peace per l’anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina, causata dall’invasione decisa da Putin.
INIZIATIVE che hanno preso avvio già nei giorni scorsi con diversi appuntamenti, in particolare la marcia notturna tra Perugia e Assisi, e che culminano in queste ore con momenti davvero significativi. Già abbiamo visto le migliaia di persone, con tantissimi giovani, presenti nelle fiaccolate, marce e presidi di Palermo, Cagliari, La Spezia, Ivrea, Genova, Padova, Modena, Potenza, Reggio Calabria, Sassari, Reggio Emilia, Torino, Verona… nella città scaligera erano presenti anche le tre giovani attiviste nonviolente da Russia, Bielorussia e Ucraina che saranno protagoniste anche del grande evento a Brescia domenica 26 febbraio.
A BOLOGNA uno degli appuntamenti più significativi anche per gli interventi in programma: il cardinal Matteo Zuppi, il sindaco Lepore e Giulio Marcon di Sbilanciamoci in rappresentanza della coalizione pacifista. Mentre a Milano il momento di sintesi finale è toccato al presidente dell’Anpi Pagliarulo. Sono state già 75 le città coinvolte nella prima giornata di mobilitazione, preparando il terreno agli appuntamenti in programma per il sabato: la marcia regionale di Ancona, la manifestazione di Firenze con la catena umana attorno agli Uffizi, l’iniziativa incentrata sul disarmo nucleare di Napoli e ovviamente la fiaccolata dai Fori imperiali con arrivo in Campidoglio a Roma. Momento che vedrà gli interventi finali della presidente di Emergency Rossella Miccio, del Segretario Generale della Cgil Maurizio Landini e del fondatore della Comunità di S. Egidio Andrea Riccardi.
NON È SOLO LA PRESENZA di tanti attivisti e rappresentanti delle piccole e grandi associazioni che compongono Europe For Peace ad essere la ricchezza di queste iniziative che chiedono pace. Sono le persone senza appartenenze specifiche che dappertutto si sono fatte coinvolgere dalla richiesta di cessate il fuoco e negoziato urgente a rendere evidente come la posizione di una larga fetta dell’opinione pubblica italiana sia divergente dalle decisioni prese da Governo e Parlamento.
A CONVINCERLI della bontà di questa strada e delle proposte del movimento pacifista italiano è stata sicuramente la continuità con la piattaforma di richieste già esplicitate nella grande manifestazione nazionale dello scorso 5 novembre a Roma, così come la continuità nell’azione di sostegno umanitario alla popolazione Ucraina. Iniziativa umanitaria ben esemplificata dalle carovane di pace Stop the war now (è in preparazione il prossimo viaggio, che si recherà nelle zone più colpite dal conflitto armato). E anche dalla capacità di accoglienza messa in campo da numerose organizzazioni. Sono però anche altri gli elementi che rendono significativa, seria, concreta la proposta di Europe For Peace.
UN PRIMO PUNTO parte dallo sguardo allargato che fin dall’inizio è stato utilizzato per cercare di dare un contributo a percorsi di pace possibile: non c’è solo lo scontro in Ucraina ma c’è anche un ruolo dell’Europa, delle relazioni internazionali, dell’esigenza di una sicurezza condivisa. Perché è, al contrario, l’attuale stato di insicurezza globale che poi scarica le proprie problematiche in situazioni drammatiche e devastanti come il conflitto ai confini dell’Europa. Che però non è l’unico, anche se è sicuramente il più visibile ai nostri occhi occidentali.
SOLO METTENDO INSIEME tutte le situazioni di conflitto e non facendo una gerarchia di interesse o di attenzione potremo dare una risposta alla richiesta di aiuto che viene anche dall’Ucraina. Se vogliamo una pace basata sui diritti non possiamo occuparci solo di quanto accade più vicino a noi, ma dobbiamo far riferimento anche alle situazioni come Yemen, Etiopia, Congo e tanti altri luoghi in cui la guerra sta imperversando. Di conseguenza anche la soluzione potrà essere solo allargata, mettendo attorno a un tavolo non solo la Russia e l’Ucraina che oggi si stanno combattendo ma anche le grandi potenze come gli Stati Uniti, la Cina e le organizzazioni internazionali come l’Unione Europea e le Nazioni Unite.
SERVE DAVVERO un cambio di passo con un rinnovato sforzo politico creativo, magari con la formula della conferenza internazionale. È necessario inoltre sgombrare il campo dalla minaccia delle armi nucleari, che proprio con la guerra in Ucraina hanno dimostrato di essere fonte di insicurezza e strumento di ricatto e non quell’elemento di stabilità tanto decantato dai cultori della deterrenza e ovviamente apprezzato dalle potenze con gli arsenali pieni.
DIRE SÌ ALLA PACE oggi, come stanno facendo centinaia di città in Italia in Europa, significa dire sì a percorsi di sicurezza condivisa che si basino sul diritto e non sulle armi. E che affrontino le vere minacce per l’umanità: povertà, mancanza di diritti, impatto devastante del cambiamento climatico.