Il limite ignoto. Europe for Peace: per l’anniversario dell’invasione russa, il 24 febbraio, in piazza in tutta Italia e in Europa. Articolo per il Manifesto.
Le recenti notizie sulla guerra in Ucraina destano non poche preoccupazioni. Come ha sottolineato lucidamente Francesco Strazzari sul manifesto siamo di fronte a un’escalation prevedibile nella sua inesorabile inerzia, ma i cui esiti sono davvero incerti: una guerra che si autoalimenta. Grazie anche a un continuo innalzamento dell’asticella militare: ciò che poche settimane fa era escluso e ritenuto pericoloso oggi è «una necessità alla quale non ci si può sottrarre». In troppi continuano a vedere solo orizzonti di «soluzione» militare, un mantra debordante sia nei media che nella politica a cui però molti sembrano resistere.
EPPURE, NONOSTANTE il martellamento, un recente sondaggio ha dimostrato ancora una volta la prevalenza nel nostro Paese di un disaccordo con l’invio di armi all’Ucraina. E una rilevazione promossa da Greenpeace evidenzia come la maggioranza (il 55%) degli italiani sia contraria al previsto aumento in spesa militare, con solo il 23% a favore. Dati che indicano come le azioni degli ultimi mesi a sostegno di pace e diplomazia di una larga fetta della società civile si possano considerare come espressione (ragionata e con contenuti, checché ne dicano certi analisti con la divisa in «servizio permanente attivo»…) di una posizione politica rilevante nel Paese.
Dalle prime mobilitazioni all’indomani dell’invasione russa fino alle due grandi manifestazioni nazionali di marzo e novembre 2022. Dalle carovane di Pace di “Stop the war now” (con i nostri volontari ogni giorno vicini alle popolazioni del fronte, ancora oggi siamo tra Odessa e Kherson) alle giornate di mobilitazione diffusa che hanno coinvolto centinaia di città. Senza dimenticare l’aiuto umanitario fornito da molte Ong e il sostegno alla dissidenza in Russia e agli obiettori di coscienza, anche in Ucraina.
ATTORNO A QUESTE iniziative, concrete è soprattutto continuative, si è aggregata la coalizione di quei soggetti e forze sociali che non intendono rassegnarsi ad uno scenario in prospettiva sempre più armato. E anche se – o proprio perché – all’unisono leader e decisori politici cantano la necessità di un’aumento delle risposte (e delle spese) militari questo arcipelago di Pace ritiene necessario continuare, anzi intensificare, la pressione per una strada diversa. Da qui la recente proposta di “Europe for Peace”: rilanciare per l’anniversario dell’inizio del conflitto, il 24 febbraio 2022, nuove iniziative territoriali, stavolta in tutte le città europee, sulla base della piattaforma della manifestazione del 5 novembre scorso incentrata su richiesta di cessate il fuoco e proposta di negoziato allargato. «Un anno di guerra è troppo!» si legge nel testo di convocazione, perché siamo di fronte a una «violazione della Carta dell’Onu e del diritto internazionale che chiede giustizia immediata». La prospettiva ideale è quella della costruzione di un’Europa sicura e pacifica per tutti, a partire dalla piena «solidarietà al popolo ucraino e alle vittime di tutte le guerre, le violenze, le repressioni e le discriminazioni nel mondo». Lo slogan delle mobilitazioni è chiaro: «La pace è la vittoria di cui abbiamo bisogno!».
Molti si chiederanno, e ci stanno già chiedendo, cosa poter fare in prima persona per sostenere questa azione. Le possibilità sono davvero tante: rilanciare notizie e analisi della coalizione, sostenere le campagne in corso – non solo sulla guerra in Ucraina, ma anche contro armi e spese militari – e rafforzare le mobilitazioni proposte dalle strutture territoriali di Europe For Peace (in particolare quelle aderenti a Rete Pace Disarmo).
E ANCORA: PREMERE sui propri rappresentanti politici perché sentano la voce di chi continua a pensare alla necessità di percorsi di Pace per risolvere il nodo delle guerre. Un passo utile non solo sui parlamentari ma anche a livello territoriale, ad esempio stimolando dibattiti e prese di posizione nei Comuni. Non solo perché rinnova l’importante tradizione italiana delle città come ponti di pace quando i Governi falliscono (la lezione di La Pira e Langer) ma poiché in tal modo si coinvolgono persone tramite il dibattito sulla stampa locale, superando il velato ostracismo dei grandi nei confronti dell’idea e degli esponenti pacifisti.
È comprensibile che una grande manifestazione possa sembrare l’unico modo per rendere visibile la richiesta di pace di milioni di italiane e italiani, ma forse viviamo in una società e in una situazione in cui è più efficace utilizzare una pluralità di strumenti come parte di quel processo creativo e innovativo che noi chiamiamo «Pace Positiva»