Europe for Peace. In risposta a Luigi Manconi, sul Manifesto
Ringrazio Luigi Manconi che dalle colonne de la Repubblica ha voluto valutare e commentare le posizioni e proposte di Europe For Peace con la consueta attenzione, rispetto e stima nei nostri confronti.
Non a caso per noi sono sempre stati proficui e importanti i confronti con lui, proprio perché provenienti da posizioni non coincidenti ma «in ascolto».
Concordo con Manconi che le manifestazioni abbiano una grande importanza per la loro carica simbolica, ma credo che ancor di più siano rilevanti i contenuti che sostengono e rilanciano. In tal senso lo vorrei rassicurare rispetto ad alcune mancanze che ritiene di aver riscontrato nei nostri recenti documenti. In realtà fin dall’inizio di questa sanguinosa guerra avevamo esplicitato una posizione chiara scrivendo, in un comunicato del 24 febbraio, che «la Rete Italiana Pace e Disarmo» e le sue Organizzazioni condannano in modo fermo l’azione militare iniziata da questa notte in Ucraina da parte della Federazione Russa. Ancora una volta si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi, per colpa di sete di potere, di rivendicazioni nazionaliste, di interessi particolari soprattutto legati al profitto armato», chiedendo non solo una cessazione immediata degli scontri e la possibilità di protezione per i civili per un intervento umanitario, ma anche «alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass».
Concetti e parole confermati e richiamati sia nella grande manifestazione nazionale del 5 marzo 2022 in Piazza San Giovanni, sia nelle iniziative e mobilitazioni diffuse che mensilmente abbiamo proposto (in parallelo a ben quattro Carovane di Pace Stop the War now in Ucraina – la prima delle quali avvenuta già il 2 aprile – che hanno portato tonnellate di aiuti, evacuato quasi 1000 profughi, installato due dissalatori a Mikolaiv con una presenza costante e diretta di nostri attivisti nelle città vicino al fronte). Lo stesso si può dire per le minacce nucleari: non so chi più di noi (parte della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons premio Nobel 2017) abbia esplicitato il pericolo estremo (direi «esistenziale») del ventilato utilizzo russo di testate atomiche. Lo abbiamo ribadito anche di recente, in occasione delle Giornate Internazionali della Pace e per la totale eliminazione delle armi nucleari con un comunicato dal titolo chiaro: «La campagna Ican per il disarmo nucleare condanna le nuove minacce della Russia».
Altrettanto chiare sono le nostre proposte per un’uscita da questa guerra (e dal sistema di insicurezza globale che oggi viviamo): a nostro parere non possono passare per invii di armi (che hanno come risultato un inasprimento e un allargamento del conflitto) o tramite rafforzamenti delle spese militari. Senza tralasciare che non è certo stata solo la Russia, in questi ultimi anni, ad aver ribadito la centralità degli arsenali nucleari per la propria sicurezza: è urgente invece che si percorra la strada di un completo disarmo nucleare con l’universalizzazione del Trattato di proibizione Tpnw, a partire dai Paesi europei come l’Italia.
Il testo proposto da Europe For Peace come base per le iniziative al 21 al 23 ottobre in decine di città italiane non ha come obiettivo un’analisi (quasi giudicante) della situazione. La prospettiva è invece quella di proposte rivolte al domani, a partire dal principio della protezione umanitaria che è da sempre alla base della nostra azione, perché è questa l’urgenza di oggi.
A nostro parere i due pilastri su cui dovrebbero concentrarsi gli sforzi di tutti sono quelli di una richiesta pressante di «cessate il fuoco» (accompagnata magari da ipotesi di interposizione, anche nonviolenta) e la convocazione di una grande Conferenza multilaterale di Pace.
Perché, come abbiamo sottolineato il mese scorso in una lettera inviata al Segretario Generale dell’Onu Guterres, solo lavorando in un tavolo allargato ad un’ipotesi di un sistema di sicurezza condivisa si potranno gettare le basi per un faticoso percorso di pace (che dovrà fare anche i conti con i crimini commessi, in ottica di giustizia anche ambientale).
Al fine di disinnescare tutte quelle situazioni di tensione e disuguaglianza che diventano terreno fertile per violenza e guerra, un binomio purtroppo attivo e devastante in molte altre parti del mondo, non solo in Ucraina.