I riferimenti sempre più aggressivi da parte della Russia al possibile utilizzo di armi atomiche sono pericolosi, abbassano la soglia e aumentano il rischio di un conflitto. “Non possiamo ‘normalizzare’ queste minacce e far finta di niente”, spiega Beatrice Fihn della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari
Il discorso di Vladimir Putin pronunciato nella Giornata internazionale della Pace ha messo in allarme anche coloro che, pur di provare a difendere la legittimità degli arsenali nucleari, hanno sempre minimizzato i moniti delle organizzazioni della società civile per il disarmo. Nel confermare una mobilitazione militare parziale delle forze della Federazione Russa, Putin ha prefigurato il possibile utilizzo di armi nucleari “in caso di minaccia all’integrità territoriale del nostro Paese e per difendere la Russia e il nostro popolo”. E a sgombrare il campo da qualsiasi fraintendimento sono arrivate le successive dichiarazioni dell’ex presidente Dmitrij Medvedev: la Russia sarebbe pronta a utilizzare infatti “qualsiasi, arma anche quella nucleare” per difendere i risultati dei referendum di annessione dei territori orientali ucraini.
“Le minacce nucleari sono inaccettabili in qualsiasi momento e da chiunque provengano, e quelle di Putin aumentano il rischio di escalation verso un conflitto nucleare -ha subito dichiarato Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (International campaign to abolish nuclear weapons, Ican)-. Tutto ciò è incredibilmente pericoloso e irresponsabile. Ogni minaccia nucleare obbliga a una scelta: l’escalation verso una potenziale catastrofe globale o il rifiuto totale delle armi nucleari”. Abbiamo raggiunto Fihn, che guida la Campagna insignita del Premio Nobel per la Pace 2017 e che in Italia è rilanciata da Senzatomica e dalla Rete italiana pace e disarmo, a New York in un giorno importante per il disarmo nucleare globale. Altri sette Stati dell’Africa e dei Caraibi hanno infatti deciso di firmare e ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw, promosso dalla società civile internazionale, votato nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021) proprio a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso al Palazzo di Vetro.
Fihn c’è soddisfazione per la continua universalizzazione del Tpnw?
BF Certamente. Con l’aumento del numero di Paesi che firmano e ratificano il Tpnw cresce la pressione sui nove Stati dotati di armi nucleari e sui loro sostenitori affinché aderiscano al Trattato. Il rafforzamento di questa norma è particolarmente cruciale in questo momento in cui la guerra in Ucraina ha visto aumentare il rischio di utilizzo di armi nucleari, e uno dei maggiori Stati dotati di armi nucleari al mondo ha minacciato apertamente di utilizzare il proprio arsenale con tutta la morte e la devastazione che ciò comporta. Nonostante il pericolo e le notizie allarmanti non dobbiamo dimenticarci i passi avanti che stiamo realizzando.
Le minacce nucleari sempre più esplicite da parte della Russia ci stanno avvicinando a un punto di non ritorno?
BF Alcuni analisti definiscono le minacce di Putin come un bluff e dicono che non dovremmo averne paura. Ma le minacce nucleari sono sempre “un bluff” fino al giorno in cui, improvvisamente e drammaticamente, non lo sono più. E nessuno può dire davvero dove sia il confine tra il bluff e la realizzazione della minaccia. Ecco perché queste nuove minacce, sempre più aggressive, di usare le armi nucleari sono così pericolose. Abbassano la soglia dell’uso del nucleare e aumentano notevolmente il rischio di un conflitto con queste armi, e di una conseguente catastrofe globale. Non possiamo “normalizzare” queste minacce e far finta di niente: è estremamente pericoloso e irresponsabile.
Sono realistiche o è solo retorica?
BF Nel suo discorso Putin ha provato a inquadrare le sue minacce nucleari come una risposta alle “dichiarazioni fatte da alcuni rappresentanti di alto livello dei principali Paesi della Nato sulla possibilità e l’ammissibilità di usare armi di distruzione di massa -armi nucleari- contro la Russia”. Non è chiaro a quali dichiarazioni si riferisca ma anche se non esistono questo dimostra come la mera retorica nucleare possa provocare una pericolosa escalation.
Secondo alcuni verrebbero eventualmente impiegate solo testate cosiddette “tattiche” in un raggio circoscritto e solo in caso di sconfitta russa imminente.
BF Qualsiasi utilizzo di armi nucleari avrebbe conseguenze catastrofiche e di vasta portata, soprattutto in regioni densamente popolate come l’Europa. Anche le cosiddette armi nucleari “tattiche”, del tipo che alcuni ipotizzano la Russia possa usare nel conflitto ucraino, hanno in genere rese esplosive comprese tra i 10 e i 100 chilotoni. Per un confronto, la bomba atomica che distrusse Hiroshima nel 1945, uccidendo 140.000 persone, aveva una resa di soli 15 chilotoni. Una singola detonazione nucleare potrebbe uccidere centinaia di migliaia di civili e ferirne molti di più con una ricaduta radioattiva che potrebbe contaminare vaste aree in più Paesi. Il panico diffuso scatenerebbe spostamenti di massa di persone e gravi disagi economici. Eventuali detonazioni multiple sarebbero ovviamente molto più gravi. Per tali motivi discutere anche teoricamente dell’uso di armi nucleari senza parlare degli impatti umanitari rischia di far cadere il tabù sul loro utilizzo. Inaccettabile per la sicurezza di tutti, che non può essere sacrificata alle prospettive di potere degli Stati nucleari. A causa delle conseguenze umanitarie catastrofiche ad ampio raggio dell’uso delle armi nucleari, infatti, la minaccia di usarle anche solo contro un Paese equivale a una minaccia per tutti gli Stati del mondo. Le minacce nucleari non sono mai accettabili proprio per il rischio di degenerazione in conflitto globale.
Quali speranze ci sono?
BF Considerando il fallimento della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare dello scorso agosto, bloccata dai veti incrociati e incapace ormai da decenni di un qualsiasi avanzamento positivo nel senso del disarmo pur mantenendo una propria importanza come regime di controllo, la strada maestra per un vero disarmo nucleare globale è quella del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Lo abbiamo visto nella prima Conferenza degli Stati parti di Vienna, lo scorso giugno, terminata con una dichiarazione che è sicuramente la più forte condanna delle minacce nucleari che sia mai stata fatta da una Conferenza delle Nazioni Unite, ed è stata senza dubbio una risposta alla minaccia nucleare della Russia. Il risultato degli incontri austriaci ha mandato un potente e urgente messaggio da parte di un ampio gruppo di Stati molto diversi tra loro per storia, collocazione geopolitica, prospettive. La dichiarazione finale e soprattutto il Piano d’azione che elenca 50 azioni concrete per rafforzare il Trattato e il disarmo nucleare sono strumenti formidabili per mantenere una forma di fiducia nella non proliferazione, anche in un momento in cui molti Paesi potrebbero pensare di partire con un proprio programma nucleare. Invece questi esiti dimostrano che molti Stati si stanno impegnando a essere liberi dal nucleare per sempre.
Tra pochi giorni celebreremo la Giornata internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, indetta dalle Nazioni Unite per ricordare la scelta eroica del colonnello Stanisláv Petróv che decise di fermare una risposta nucleare non fidandosi della segnalazione di attacco di un computer. Ma con 13mila testate nucleari ancora presenti nel mondo non può essere un gesto episodico, anche se coraggioso, a renderci davvero sicuri: solo un’azione coordinata e multilaterale di messa al bando totale ci può riuscire. Continuiamo a lavorare per questo risultato.
Questa intervista è la versione integrale di quanto pubblicato su il manifesto il 24 settembre 2022.