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Consigli per un programma elettorale popolare: la pace

I riflettori sulla guerra in Ucraina sono quasi completamente spenti, salvo qualche sporadica riaccensione soprattutto per le conseguenze che la linea occidentale sta producendo sul taglio delle forniture di gas, ma la linea tenuta dal governo Draghi nel conflitto suggerisce che il tema della guerra e della pace debba essere presente nei programmi elettorali delle forze politiche che si presenteranno alle elezioni del prossimo 25 settembre.
Dall’aumento delle spese militari all’invio delle armi, dall’obbedienza alla Nato alla mancata ratifica della convenzioni sulle armi nucleari, i temi attorno ai concetti di pace e guerra non sono mancati.

Elezioni anticipate, le proposte per la pace nel programma elettorale – intervista per Radio Città Fujiko

Dopo una prima suggestione sul tema del lavoro, continuano i “consigli” per un programma elettorale popolare. Oggi ospitiamo le proposte della Rete Italia Pace e Disarmo, rappresentata dal Coordinatore Campagne Francesco Vignarca, che ai nostri microni indica tre linee di intervento.
«Innanzitutto dobbiamo smettere di aumentare le spese militari, perché non portano vera sicurezza – osserva Vignarca – La vera sicurezza si ha con la gestione del territorio, come abbiamo visto con la siccità, con la lotta al cambiamento climatico, con politiche di welfare e di lavoro. Continuare a pensare che investire in armi e in eserciti ci possa portare maggiore sicurezza è sbagliato». Del resto, le spese militari negli ultimi decenni sono lievitate e la sicurezza non è aumentata.

Il secondo punto indicato dalla Rete Italiana Pace e Disarmo in un ideale programma elettorale riguarda l’industria militare e l’export di armi. «Se vogliamo essere promotori di pace in Italia e a livello internazionale – rimarca il portavoce – dobbiamo smettere di sostenere un’industria che paga il proprio successo sul fatto che si vendano armi, soprattutto in luoghi di conflitto». La proposta, quindi, è un’applicazione stringente di una legge già esistente, la 185, che vieta di esportare armi in Paesi che si trovano in conflitto, ma anche il Trattato internazionale sul commercio di armi.
A corollario di questo punto, il disarmo umanitario, il disarmo nucleare e la messa al bando dei “killer robot”, armi autonome di cui si sta discutendo in questi giorni a Ginevra in un’assise dell’Onu.

Il terzo punto è quello più propositivo e riguarda l’investimento in risorse che promuovono la pace. «Bisognerebbe istituire un dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta, rafforzare i corpi civili di pace, che sarebbero stati utilissimi nella questione ucraina e rafforzare la cooperazione internazionale e cooperazione allo sviluppo – sintetizza Vignarca – perché solo una società che possa avere maggiori risorse per tutti, possa allargare i diritti per tutti, possa essere in pace».
Proposte che, allo stato attuale e in base all’esperienza sulle condotte dei partiti in Parlamento negli ultimi mesi, non sembrano riscontrare grande interesse.

Un ulteriore considerazione riguarda i presunti impegni adottati a livello internazionale, in particolare nei confronti di organizzazioni a cui l’Italia appartiene, come la Nato. Spesso le scelte politiche nel nostro Paese sono state giustificate con il rispetto degli obblighi internazionali ma, sottolinea Vignarca, questo non è sempre vero. «Fa specie che solo alcuni tipi di accordi, legati al riarmo e a una politica militarista internazionale vengano presi in considerazione come imprescindibili – osserva il portavoce dei pacifisti – mentre le promesse fatte da decenni sulla cooperazione vengono disattese».

Il problema, secondo Vignarca, è che la politica attuale sembra concentrata sul presente, sugli interessi e sulle carriere politiche, mentre manca una visione di medio-lungo periodo che possa incidere davvero sulla possibilità delle persone di vivere in pace. Questo porta molti politici ad essere più sensibili alle sirene delle lobby delle armi, che promettono benefici e sostegni, anche personali, più immediati. Ma con le conseguenze che stiamo tutti vedendo.

 

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