“Ho il sospetto che fermarsi su questi dettagli di armi offensive e difensive serva più che altro a portare avanti delle schermaglie di natura politica, più che entrare nel merito della questione. Certamente però è difficile entrare nel merito della questione in maniera seria se l’Italia secreta la tipologia di armamento da inviare”. Mia intervista per Fanpage, a cura di Annalisa Girardi.
Mentre si inizia a parlare di un terzo decreto per l’invio di armi in Ucraina, continua la discussione sulla distinzione tra quelle offensive e difensive (nonostante la lista da mandare a Kiev sia secretata), con alcune forze politiche che si oppongono categoricamente alla possibilità di fornire le seconde, affermando che si innescherebbe un’escalation nel conflitto che allontanerebbe ancor più i tavoli dei negoziati di pace. C’è anche chi sottolinea però come il punto sia un altro e come, con la quantità di armamenti che l’Occidente sta dando all’Ucraina, questa distinzione sia pressoché irrilevante. Ne abbiamo parlato con Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo.
“La differenza tra armi offensive e difensive sussiste poco. È vero che ci sono alcuni tipi di armamenti più specificatamente progettati per l’attacco, mentre altri si prestano più alla difesa. Però è anche vero che la differenza è labile e comunque è il complesso della fornitura di armamenti che conta. È chiaro che in questo momento gli ucraini sono in fase difensiva, però abbiamo già visto già episodi di attacchi in territorio russo”, ha detto Vignarca, sottolineando come la vera questione di cui su cui si dovrebbe riflettere sia il sostengo militare o meno a un Paese. Tenendo in considerazione che il supporto militare non riguarda solo l’invio di armi, ma anche gli aiuti logistici e di intelligence, di cui non si sta ancora parlando molto: “Molto del successo degli ucraini nel resistere all’offensiva russa è dovuto alla grande assistenza dal punto di vista dell’intelligence che Stati Uniti e Gran Bretagna in primis, ma probabilmente anche altri, stanno fornendo”.
Il ragionamento che bisogna fare, rimarca ancora il coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, deve riguardare sia l’aggressione e l’invasione della Russia ai danni di uno Stato sovrano, ma allo stesso tempo anche i rischi di escalation del conflitto: “Questa è la discussione che si dovrebbe fare nel governo e tra forze politiche. Ho il sospetto che fermarsi su questi dettagli di armi offensive e difensive serva più che altro a portare avanti delle schermaglie di natura politica, più che entrare nel merito della questione. Certamente però è difficile entrare nel merito della questione in maniera seria se l’Italia secreta la tipologia di armamento da inviare”, ha proseguito.
I tre motivi per cui la lista delle armi che inviamo in Ucraina è segreta
Secondo Vignarca l’opacità in questo campo è sempre da evitare, soprattutto in un contesto come quello che stiamo vivendo. Anche perché, ha aggiunto, non è secretare la lista di armi da mandare a Kiev che modifica i disegni militari della Russia: “Anche questa mossa mi sembra molto più votata a questioni di politica interna, per evitare critiche e polemiche, più che una necessità legata a questioni strategiche”. Insomma, sia il fatto di secretare le armi che la polemica su difensive – offensive, secondo Vignarca non sarebbe altro che parte di quella caratteristica tutta italiana di ricondurre ogni questione a diatribe di politica interna. Il punto di vista della Rete pace e disarmo sul nucleo della discussione, ad ogni modo, non è contrario all’invio di armi per partito preso, pur chiaramente sostenendo una posizione pacifista: è anche frutto di un’analisi sui conflitti per cui l’imponente flusso di armamenti non aiuta a mettere un punto agli scontri, ma li alimenta: “Sia a livello verticale, nel rendere più cruento il conflitto alzando il livello di scontro armato, sia in termini orizzontali, coinvolgendo nel conflitto stesso anche Stati”.
Infine, secondo Vignarca c’è un altro aspetto che dovrebbe essere inglobato in questa discussione e che invece rimane un po’ sottaciuto. Pochi giorni fa il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, in commissione alle Camere, ha annunciato l’invio di nuovi contingenti di soldati italiani in Ungheria e Bulgaria: “Questo avvicina ulteriormente dei reparti italiani alla zona del conflitto. Il ministro non può annunciarlo così, tra le pieghe di una sua audizione alle Camere, senza fornire alcun dettaglio. Anche questo aspetto di poca trasparenza è da sottolineare”, ha concluso.