I rappresentanti della Rete hanno ribadito la necessità di trasparenza e controllo parlamentare sulle attività di esportazione degli armamenti italiani, che devono sempre essere correlate al rispetto delle norme (nazionali ed internazionali) a protezione della popolazione civile e dei diritti umani ed evitando il sostegno a regimi dittatoriali e a conflitti armati.
Nel primo pomeriggio di giovedì 14 ottobre 2021 si è svolta l’Audizione informale, in videoconferenza, presso la IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati di rappresentanti della Rete Italiana Pace e Disarmo nell’ambito dell’esame della Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo di esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, riferita all’anno 2020 (Doc. LXVII, n. 4). Ulteriore occasione per confermare il riconoscimento della competenza della nostra Rete su questo tema e per riproporre anche all’attenzione dei Deputati le analisi, le considerazioni, le proposte da tempo avanzate sulla questione dell’esportazione e transito di materiali d’armamento. In rappresentanza della RIPD sono stati auditi Giorgio Beretta, analista ed esperto anche dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa di Brescia, e Francesco Vignarca, Coordinatore delle Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo.
Nel corso del confronto, promosso e favorito dal Presidente della IV Commissione On. Gianluca Rizzo, i rappresentanti della Rete hanno ribadito la necessità di tutelare i principi e i meccanismi della Legge 185/90 e delle norme internazionali sull’export di armamenti (Posizione Comune UE del 2008 e Trattato internazionale ATT del 2014). Richiamando la presa di posizione dello scorso maggio di molte organizzazioni della società civile che “di fronte ad un’azione concentrica per smantellare le norme nazionali e le procedure che regolamentano le esportazioni di armi e di sistemi militari” avevano ribadito “la necessità di applicare in modo rigoroso e trasparente la Legge 185/90 e le norme internazionali che la rafforzano” invitando il Parlamento a “controllare in modo puntuale e approfondito le operazioni che riguardano l’export di armamenti in quanto regole e controlli preposti alla salvaguardia della pace e della sicurezza comune, al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle popolazioni e per dare attuazione al ripudio costituzionale della guerra”. Tutto ciò come detto a seguito di “pressioni per rivedere le norme in vigore allo scopo di facilitare le esportazioni di armamenti e la competitività dell’industria militare, la cui funzione viene enfatizzata come “strategica” per la bilancia commerciale del Paese, per i livelli occupazionali e finanche per il “rilancio” dell’economia nazionale nell’attuale fase recessiva dovuta alla pandemia”. Pressioni continuate anche nei mesi successivi tanto è vero che la Rete Italiana Pace e Disarmo è stata l’unica organizzazione della società civile audita nell’ambito della discussione parlamentare sul tema; in particolare nella Commissione Difesa del Senato della Repubblica erano stati ascoltati (oltre a rappresentanti istituzionali) solo esponenti dell’industria degli armamenti.
Giorgio Beretta e Francesco Vignarca hanno dunque ricordato la necessità di una forte trasparenza di base sull’export militare sottolineando alcuni passi avanti nell’ultima Relazione al Parlamento Decisi da UAMA e Ministero degli Esteri (in particolare anche sulla trasmissione dati al Segretariato ATT e con l’elenco dei Paesi con cui l’Italia ha sottoscritto accordi militari). Inoltre, di fronte ai già citati attacchi, è stata ribadita la vera natura della Legge 185/90 basata su principi e criteri relativi alla politica estera (e al rispetto di norme internazionali e del diritto umanitario) mentre invece è pericolosa e sbagliata la tenenza a considerarla una legge sull’industria militare e per “favorire” e non “controllare” l’export di armi. In verità nel testo della legge l’unico riferimento all’industria della Difesa è quello relativo a programmi e fondi per la riconversione al civile, mai applicato in trent’anni!
Al contrario negli ultimi tempi il Ministero della Difesa si sta inserendo in maniera forzata e strumentale (oltre il proprio vero ruolo) nel processo politico-amministrativo senza che il Parlamento abbia gli elementi e forse la volontà di controllo completo. Nei mesi scorsi (e anche nella Relazione ex legge 185/90 con un testo firmato dal Capo di Stato Maggiore Gen. Vecciarelli) esponenti delle Istituzioni si sono fatti promotori di istanze per modificare le leggi e ridurre i controlli invece di impiegare le proprie competenze per valutare in modo accurato il rispetto delle norme (nazionali ed internazionali) nelle esportazioni militari e il loro impatto, spesso devastante, sulle popolazioni e nelle zone di maggior tensione del mondo. Tutto questo mentre risulta del tutto opaca la parte della Relazione (di competenza della Difesa, che di questo dovrebbe occuparsi) relativa a centinaia di milioni di euro di autorizzazioni per fornitura di servizi di addestramento e manutenzione. Proprio su tale aspetto si è concentrata una parte dell’illustrazione delle richieste avanzate dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, che ha anche consegnato alla Commissione Difesa della Camera un documento di proposte dettagliate anche a commento della Relazione votata dalla Commissione omologa del Senato, che presenta aspetti a nostro avviso problematici. In particolare non riteniamo opportuna la proposta di re-introduzione di un Comitato interministeriale responsabile di formulare gli indirizzi generali per le politiche di scambio nel settore della difesa. Una tale iniziativa andrebbe solo a minare le prerogative di UAMA come Autorità Nazionale e renderebbe ancora più confuso il processo decisionale relativamente a nuove licenze; per confronti tra MAECI ed altri Ministeri è già attivo un comitato consultivo e gli indirizzi superiori di natura politica possono essere elaborati a livello di Consiglio dei Ministri e decisi di concerto tra MAECI e Difesa come indicazione vincolante per UAMA.