Editoriale per Avvenire, con Beatrice Fihn (Direttrice Esecutiva della International Campaing to Abolish Nuclear Weapons)
L’ormai imminente viaggio apostolico di papa Francesco in Giappone è una grande occasione per rilanciare il tema del disarmo nucleare, che tanto sta a cuore al Pontefice. Per la nostra International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican) è stato quindi importante l’incontro con lui a margine dell’Udienza generale di ieri, mercoledì 6 novembre, subito dopo un lungo e cordiale confronto con il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin. Per una campagna internazionale come la nostra, che cerca di mettere al bando le armi più disumane mai concepite dall’uomo, è fondamentale avere al proprio fianco chi sa parlare al cuore e alle coscienze di uomini e donne di tutta la Terra.
Papa Francesco e la Santa Sede hanno già avuto un ruolo fondamentale per giungere all’obiettivo di un Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, votato a New York da 122 Paesi nel luglio 2017 e ormai ratificato da 33 Stati (la Città del Vaticano è stata la prima). Ne servono solo altri 17 affinché il Trattato diventi norma internazionale, certificando per la prima volta l’illegalità di ordigni che sono in grado di cancellare intere città in pochi minuti. Già nel 2017, durante il Simposio sul Disarmo organizzato dal Dicastero vaticano per lo Sviluppo umano integrale, il Papa aveva per la prima volta sottolineato l’immoralità non solo dell’uso o della minaccia d’uso, ma anche del mero possesso delle armi nucleari.
In previsione della sua visita a Hiroshima e Nagasaki abbiamo voluto ricordare al Santo Padre l’importanza delle voci degli hibakusha (i sopravvissuti dei bombardamenti atomici del 1945) che per oltre sette decenni (nel 2020 ci sarà il 75° anniversario) non hanno smesso di rilanciare la propria testimonianza e sottolineare le sofferenze subite dalle due città martiri giapponesi. Per loro, ma anche per tutti coloro che hanno sofferto a causa dei test nucleari in Kazakhstan, nel Pacifico, in Algeria… l’imminente visita in Giappone di papa Francesco sarà motivo di sollievo e di speranza. E confidiamo davvero che il suo appello a tutti i leader mondiali, in particolare quelli degli Stati possessori di ordigni nucleari, sia ascoltato e porti a un numero sempre crescente di ratifiche.
La voce del Papa e quelle dei leader religiosi e della società civile internazionale – ricordiamo tra gli altri Peter Maurer, presidente della Croce Rossa Internazionale, che sottolinea da anni come per i soccorritori sarebbe impossibile assolvere al proprio compito in caso di conflitto nucleare – sono fondamentali per modificare la percezione che l’opinione pubblica ha delle armi nucleari. Molti le considerano una questione troppo tecnica e che coinvolge solo i vertici politici dei grandi Paesi, ritenendole qualcosa di lontano che non riguarda le persone comuni. Al contrario tali armi continuano a essere una minaccia diretta all’esistenza di tutti noi, e sottraggono ogni giorno ingenti risorse economiche che potrebbero invece essere utilizzate per risolvere problemi globali come la crisi climatica, la povertà, le disuguaglianze.
In questa fase turbolenta della politica mondiale, contraddistinta da una crisi del multilateralismo e della fiducia reciproca tra Paesi anche a causa delle scelte di alcuni leader politici, le armi nucleari contribuiscono a deteriorare gli equilibri di sicurezza. Non si possono dimenticare le modifiche recenti nelle dottrine militari che spingono verso la costruzione e la minaccia d’uso di ordigni sempre più piccoli e dispiegabili, e l’impatto devastante che anche un conflitto circoscritto ma combattuto con armi nucleari potrebbe avere. Una recente ricerca ha mostrato come una guerra tra India e Pakistan in cui venissero impiegate anche solo un paio di centinaia di testate potrebbe provocare fino a 125 milioni di morti in una settimana, oltre a un inverno nucleare che avrebbe impatti devastanti su clima ed agricoltura provocando carestie e perdite di vite umane anche dall’altra parte della Terra. Coinvolgendo dunque popolazioni ben lontane dal conflitto. Una simulazione relativa a una possibile escalation militare nucleare tra Russia e Stati Uniti ha invece stimato che in poche ore sarebbero 90 milioni le persone uccise o ferite.
Possiamo ancora consentire tutto questo? Possiamo continuare a fondare falsamente la ‘sicurezza internazionale’ sulla minaccia di cancellazione di intere città e popolazioni? Per noi la risposta chiara è: no. Ricordiamoci della nostra umanità e mettiamo al bando le armi nucleari.