Articolo tratto dal sito de “le Iene”
“D’ora in poi l’autorità nazionale che si occupa dell’esportazione di armamenti in giro per il mondo dirà di bloccare qualsiasi contratto in essere, o nuovo, che vede le esportazioni di bombe d’aria, missili o strutture di armamento che possono andare verso l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi, per il conflitto nello Yemen”. Nei giorni scorsi il vicepremier Luigi Di Maio ha annunciato con un video su Facebook che il Consiglio dei ministri ha concluso l’iter per bloccare l’esportazione di armi destinate alla guerra in Yemen.
Una questione di cui noi de Le Iene ci occupiamo da tempo. Con Giulia Innocenzi, nel servizio che potete vede qui sopra, vi abbiamo raccontato come l’Italia continui a vendere e a far transitare armamenti che vanno a uccidere spesso i civili, bambini compresi, in Yemen. Stando ai dati Istat, nel 2018 solo la fabbrica d’armi italiana Pietro Beretta avrebbe esportato armi in Arabia Saudita per 2,8 milioni di euro.
Ora, finalmente, sembra arrivare un segnale anche dal governo italiano.
“È sicuramente un passo in avanti molto positivo”, commenta il coordinatore della Rete italiana per il disarmo, Francesco Vignarca. “Ma la decisione politica deve trasformarsi in fatti concreti. Nel comunicato finale del Consiglio dei ministri non viene citata la questione Yemen e non sono arrivate per ora comunicazioni ufficiali”.
Quando si potrà parlare di un effettivo stop all’esportazione? “La Farnesina deve ricevere una comunicazione dal Consiglio dei ministri e a quel punto l’Uama, l’unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento, non rilascerà altre autorizzazioni. Contestualmente, se vogliono intervenire come dice Di Maio anche sulle autorizzazioni già date, devono darne disposizione alle dogane”.
“Di Maio cita quella che è la base della mozione contro l’esportazione”, continua Vignarca, “che purtroppo parla solo di bombe, missili e componentistica e non parla né degli aerei né delle altre coalizioni coinvolte nella guerra in Yemen. Ma bisogna vedere cosa ci sarà scritto nell’atto formale. Già così comunque si fermerebbero le principali armi italiane coinvolte nel conflitto, cioè le bombe prodotte dalla Rwm in Sardegna. Sarebbe un impatto molto forte. Anche se, parlando la mozione solo di Arabia Saudita e Emirati Arabi, noi potremmo continuare a vendere agli altri paesi coinvolti che, anche se in misura sicuramente minore, sono comunque impattanti nel conflitto”.
L’associazione Save the Children ha accolto con favore l’annuncio del blocco dell’export delle armi italiane e ha ricordato i troppi bambini rimasti vittime di questa guerra. “Dall’inizio del conflitto 7.500 bambini sono stati uccisi o sono rimasti feriti”, scrive in una nota l’organizzazione, che attende provvedimenti ufficiali e l’effettivo stop.
Dall’inizio di questo conflitto, quattro anni fa, ci sono stati oltre 19.000 raid aerei, 13 al giorno, più di uno ogni due ore. Gli attacchi condotti dalla coalizione a guida Arabia saudita hanno costretto più di 1,5 milioni di bambini a fuggire.
Nonostante la legge italiana lo vieti, le armi avrebbero continuato ad essere vendute o a transitare dal nostro paese per finire nelle mani della coalizione saudita.
E mentre la Camera degli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno già votato per lo stop alla vendita di armi ai Sauditi (clicca qui per leggere l’articolo), il governo italiano fino a oggi è sembrato avere quanto meno altre priorità. “Siamo contro la vendita di armi ai sauditi, manca solo la formalizzazione della decisione”, aveva detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Nel nostro Paese sono stati invece i portuali genovesi a dare per primi un forte segnale. Circa due mesi fa, infatti, il porto di Genova si era mobilitato per evitare che la nave saudita, la Bahri Yanbu, caricasse a bordo i generatori della “Defence Tecnel” di Roma, destinati al teatro di guerra yemenita.
Con Medici senza frontiere vi abbiamo raccontato la vita in un ospedale a due ore dal fronte, a Mocha, a metà strada tra Aden e Hodeidah, dove si stanno concentrando alcuni dei combattimenti più sanguinosi (clicca qui per vedere il video). È stato aperto da Msf nell’agosto del 2018, ed è l’unico della regione a disposizione dei civili. L’ong ha diverse strutture in Yemen, e ben cinque suoi ospedali sono stati bombardati dalla coalizione saudita. Un vero e proprio crimine di guerra vietato dalla legge internazionale.