Etica, politica e industria italiana delle armi: a Roma l’1 marzo un dibattito mai avvenuto prima. Tra guerra in Yemen, Arabia Saudita e contraddizioni pentastellate
di Corrado Fontana per Valori.it
Venerdì primo marzo l’appuntamento è a Roma con Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità. Ma non è un evento come gli altri. Perché il modello non è quello di una conferenza in cui c’è chi espone una tesi e c’è chi ascolta e si informa. La volontà è costruire un confronto, magari serrato, tra soggetti non omogenei e su temi decisamente spinosi. Un confronto che, per essere organizzato, ha richiesto un lavoro diplomatico partito da lontano.
Tanto più di questi tempi in cui i macro-temi sullo sfondo sono vari e controversi. Una sanguinosa guerra nello Yemen, dove la coalizione guidata dall’Arabia Saudita impiega bombe fabbricate in Italia. L’omicidio brutale del giornalista Jamal Kashoggi, eseguito – secondo molte fonti di stampa e ufficiali – per ordine del principe saudita Mohammed Bin Salman. E le decisioni politiche dirompenti assunte da molti Paesi dopo il delitto. Mentre l’export globale di armi rimane florido più che mai.
Non è stato facile portare tutti allo stesso tavolo per un incontro nato, soprattutto inizialmente, dai gruppi delle Chiese evangeliche. E poi capace di coinvolgere parti della Chiesa cattolica come Pax Christi e gli uffici competenti della Cei. Fino ad arrivare alla Rete Disarmo e a Fondazione Finanza Etica (solo per citare alcuni dei promotori). E a ricevere l’adesione di Manlio Di Stefano (sottosegretario agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale) e Guido Crosetto (presidente della Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza – AIAD).
Armi e Arabia Saudita: l’Italia manda avanti gli altri… e tace
Insomma, il convegno di venerdì 1 marzo 2019 giunge carico di aspettative. Che magari possa dare un contributo a portare l’Italia su una posizione più definita. Perché, secondo Francesco Vignarcadi Rete Disarmo, «Il nostro Paese è abbastanza avanti rispetto al dibattito sulla guerra in Yemen, ad esempio, anche perché ci si è focalizzati sulla questione delle bombe prodotte in Italia che sono finite all’Arabia Saudita. Eppure rimane piuttosto indietro sul piano dell’azione politica.
Quando invece Paesi come la Finlandia, la Danimarca, l’Olanda, la Germania, il Belgio, hanno già deciso, a seguito del clamore internazionale scaturito dal caso dell’omicidio Khashoggi, di stoppare l’export verso i sauditi. E addirittura gli Stati Uniti, con un voto alla Camera e al Senato, vogliono fermare il proprio coinvolgimento in quella guerra. Mentre nel Regno Unito una commissione sostiene che siano illegali gli export di armi britanniche all’Arabia Saudita».
Ma di fronte a tali “grandi manovre” politiche, diplomatiche e commerciali in Italia non c’è in atto alcun processo di questo genere. Nonostante l’opinione pubblica sia quindi abbastanza informata e ci siano due bozze di risoluzione sul tema – che giacciono alla Camera ormai da un paio di mesi -. E c’è persino in corso una petizione di Save the Children sulla guerra in Yemen, cioè di un’organizzazione non direttamente concentrata sul tema degli armamenti.
L’affaire Tofalo, e le vistose contraddizioni della linea M5s
E poi? E poi c’è il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, esponente M5s, che va in “missione” su una nave della Marina militare e fa infuriare tutti. Perché – ricorda Vignarca – si è recato «ad una manifestazione chiamata IDEX (International maritime defence exhibition & conference), fiera delle Armi negli Emirati Arabi Uniti, facendo seguire dichiarazioni che invitano ad investire in questo settore non appena capiti l’occasione. Parole alquanto dissonantirispetto a quanto dichiarato in passato dal Movimento 5 stelle. E anche, se vogliamo, dissonanti rispetto a quanto lo stesso ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha dichiarato, spendendosi in maniera esplicita e positiva sul fatto che bisognerebbe fermare le esportazioni verso l’Arabia Saudita».
Rete Disarmo si chiede, insomma, come mai Tofalo si assuma questo ruolo di “megafono” vicino al mondo degli esportatori e produttori di armi. Prefigurando su facebookpersino «…una grande fiera sull’Industria della Difesa, magari a Milano, con cadenza annuale per costruire insieme il Sistema Paese».
E ciò dopo che anche il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, nella conferenza stampa di fine anno del 2018 disse che la posizione di contrarietà all’export di armamenti dall’Italia verso i sauditiandasse semplicemente formalizzata. «Ma siamo quasi a marzo 2019 e non è ancora accaduto. Benché l’Italia possa semplicemente aggregarsi alla schiera di chi ha già compiuto questo passo, senza esporsi troppo», continua Vignarca.
Cambio negli USA? Stop dei parlamentari a Trump sulle armi ai sauditi
La linea italiana non c’è o traballa. E nemmeno quella dei 5 stelle, che non troppo tempo fa attaccavano Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, accusandoli di avere le mani sporche di sangue. Certo le contraddizioni grilline possono derubricarsi a normale dialettica al vertice di un partito, anche se casi simili in passato hanno ricevuto trattamenti meno concilianti. Ma, per chi sostiene la difesa dei diritti umani prima che la ragion di Stato, questi tentennamenti rischiano di tradursi in un’occasione persa.
Proprio ora che il Paese maggior esportatore di armi al mondo, gli USA, stanno per la prima volta ponendo qualche ostacolo al commercio verso l’Arabia Saudita. Paese sì criticato ma mai messo in discussione con un voto simile dai parlamentari statunitensi contro il loro presidente.
«Un voto che – conclude Vignarca – deriva dall’importanza in America del caso Khashoggi, che scriveva per il «Washington Post», e da quanto sia sensibile il tema della libertà di espressione. E poi dal braccio di ferro in corso sull’equilibrio dei poteri: l’esecutivo Trump negli ultimi tempi si è infatti preso una certa libertà in materia di missioni (i cosiddetti War Powers) senza passare, come vorrebbe la forma, dal Senato e dalla Camera.
In quest’ottica la mozione contro l’export in Arabia Saudita è un monito per la Casa Bianca. Per non dire delle notizie trapelate in questi giorni, in base alle quali alcuni membri dell’amministrazione Trump avrebbero agito, in barba alle leggi nazionali e internazionali, per favorire lo sviluppo di un ordigno nucleare da parte dell’Arabia Saudita».