Tratto da Altreconomia 206 — Luglio/Agosto 2018
È nei momenti di crisi internazionale, come quello che stiamo attraversando, che sono stati fatti i passi più importanti per ridurre la diffusione degli armamenti, convenzionali e non. Intervista all’Alto rappresentante Onu
Dal suo ufficio a New York e nelle attività in giro per il mondo la giapponese Izumi Nakamitsu, Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il Disarmo, cerca di promuovere politiche di riduzione degli armamenti mentre molti leader mondiali tendono invece a mostrare i muscoli per ottenere ciò che vogliono. Farlo da una poltrona della bistrattata Onu non è semplice, ma forse è oggi l’unico spiraglio possibile per introdurre certi temi nell’agenda politica.
Lei è diventata Alto Rappresentante con il Segretario Generale António Guterres, che considera questo un tema fondamentale del suo programma. Quali obiettivi ed effettivi poteri ha il suo Ufficio per il Disarmo?
IN Non sono proprio sicura di poter dire che l’Onu abbia qualche tipo di “potere”, ma speriamo di poter avere una certa influenza. Il Segretario Generale desidera avere un’Organizzazione che sia realmente efficace, anche se non siamo noi nel concreto a “disarmare” e non possiamo nemmeno forzare i nostri Stati Membri in tale direzione. Possiamo però continuamente richiamare un senso di responsabilità nei Paesi che compongono le Nazioni Unite, spingendoli quotidianamente verso percorsi di disarmo. Il mio ufficio ha il compito di consigliare, aiutare e sostenere il Segretario Generale nel suo mandato relativo al disarmo, che è uno dei primi e principali obiettivi per l’Onu, fin dalla sua fondazione. La prima Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale nel 1946 era dedicata proprio al disarmo nucleare. È nel nostro DNA.
Il suo Ufficio di che cosa si occupa?
IN Quando si evoca il disarmo quasi tutti immediatamente pensano alle armi di distruzione di massa (nucleari, chimiche, batteriologiche) ma non ci limitiamo a quei settori: affrontiamo anche le problematiche relative alle armi leggere, alla trasparenza in questioni militari, alle spese per gli eserciti. In particolare quest’ultimo aspetto sta acquisendo di nuovo rilevanza, non solo per noi, vista la continua crescita delle spese militari mondiali. In questo seguiamo la linea del Segretario Guterres che ci ricorda come “i temi di frontiera sono arrivati alla nostra porta di casa”. Pensiamo ad esempio alle nuove tecnologie e alle loro possibili applicazioni sugli armamenti, con problemi di cyber security e armamenti autonomi che potrebbero minare la legislazione umanitaria internazionale.
Il Segretario Generale ha pubblicato il documento “Proteggere il nostro futuro comune” come un’agenda per il disarmo “necessario”.
IN Il Segretario Guterres ha voluto fortemente questo documento proprio perché viviamo in un mondo complicato e imprevedibile. E in questo senso molto più pericoloso di quello bipolare della Guerra Fredda regolato dai rapporti di forza tra le due superpotenze, Stati Uniti e Russia. I conflitti armati hanno ora natura più “interna” ed è molto più difficile riuscire a farli terminare proprio per la tipologia degli attori coinvolti, per le interconnessioni di diversi interessi, con grandi potenze che entrano anche nelle questioni regionali; basti pensare al caso della Siria.
Il risultato? Crescono le minacce -anche di tipo nucleare- e le guerre si combattono sempre di più in aree urbane, con armamenti che non erano pensati per tali contesti e che stanno provocando un enorme numero di vittime civili. Molti ci dicono che a causa della crescente situazione di tensione non è il momento di parlare di disarmo: al contrario, riteniamo che proprio per questo sia urgente stabilire un’agenda in tal senso, con passi concreti. C’è la necessità di attivare gli Stati Membri in un dibattito sul disarmo, bloccato da due decenni, stimolando migliori partnership proprio a partire dalla necessità comune di una maggiore e vera sicurezza.
16 è l’obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo sostenibile dedicato a “Pace, giustizia e istituzioni forti”. Uno dei suoi target è dedicato alla riduzione significativa del traffico di armi
Quali sono i punti principali dell’Agenda per il Disarmo promossa dall’Onu?
IN Il documento è diviso in tre grandi aree. Si parte dal “Disarmo per salvare l’Umanità” che si occupa di armi di distruzione di massa, in particolare il nucleare, cercando di favorire una nuova responsabilità nei maggiori Paesi. Non dobbiamo idealizzare il periodo della Guerra Fredda, ma almeno in quel momento c’erano contatti e dialoghi tra le potenze che hanno permesso meccanismi di salvaguardia. Oggi un errore o una risposta non meditata potrebbero portare in poco tempo a una guerra globale devastante. Ciò comporta la necessità di meccanismi di controllo e standard di verifica, per esempio già ben strutturati per quanto riguarda le armi chimiche ma che dobbiamo ancora creare per le batteriologiche. La seconda area è quella del “Disarmo per salvare vite” per mettere le persone -e non solo le diplomazie e le relazioni internazionali- al centro degli sforzi di disarmo.
Un ambito in cui ci si occupa soprattutto di armi convenzionali, come quelle leggere, responsabili del più alto numero di morti violente ogni anno e i cui traffici illeciti dobbiamo riuscire a ridurre in accordo con gli Stati. O ancora tutti gli armamenti esplosivi, regolari o improvvisati, che sempre più sono utilizzati in aree densamente popolate e non sui campi di battaglia. Il risultato è che in tali contesti oltre il 90% delle vittime è composto da civili. Dobbiamo fare sicuramente qualcosa a riguardo, pensando sia a norme di messa al bando per tali ordigni ma partendo anche da soluzioni pratiche come ad esempio la modifica delle procedure militari. Anche gli eserciti devono in qualche modo essere responsabilizzati.
Infine abbiamo il “Disarmo per le generazioni future” che si rivolge a temi di frontiera come l’intelligenza artificiale e le strumentazioni autonome. Pensiamo che se i processi di armamento o armabilità di questi sistemi andranno a completarsi, l’impatto sulla Pace, sui conflitti e sulla sicurezza potrebbe essere davvero rilevante e in un certo senso risultare in un cambio di paradigma. Siamo ancora all’inizio di questo percorso e se fossimo in grado di coinvolgere nel dibattito non solo gli Stati ma anche la società civile, l’industria privata e i ricercatori si potrebbero convogliare le forze in azioni altrettanto significative e capaci -per una volta- di prevenire eventuali impatti negativi di cyber attacchi ed armi completamente autonome. Sia per me, sia per il Segretario Generale è del tutto chiaro che l’uso letale della forza dovrà rimanere sempre nell’ambito delle decisioni prese da umani. Per fare questo serve una piattaforma multilaterale di tutte le parti interessate e dobbiamo andare oltre la struttura “inter-governativa” dell’Onu collaborando con istituzioni regionali, settore privato, società civile e coinvolgendo in particolare i giovani, vera forza di cambiamento. Non a caso l’Agenda per il Disarmo è stata presentata all’Università di Ginevra, dunque in un luogo frequentato da giovani studenti ed al di fuori delle canoniche sedi delle Nazioni Unite.
“Viviamo in un mondo complicato e imprevedibile e, in questo senso, molto più pericoloso di quello bipolare della Guerra Fredda, regolato dai rapporti di forza tra le due superpotenze, Stati Uniti e Russia”
Che cosa pensa dei legami tra sviluppo e disarmo? Come si può integrare la nuova “Agenda per il disarmo” con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile?
IN Il legame è strettissimo e da subito riconosciuto anche nella Carta dell’Onu in particolare nell’Articolo 26. Il disarmo sta pienamente nel Dna delle Nazioni Unite anche se poche volte è stato messo al centro degli sforzi programmatici. Ora con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile abbiamo una nuova opportunità con un quadro di riferimento chiaro e collegiale. Per la prima volta c’è un obiettivo concordato sulla pace (il numero 16, ndr) che ha anche un sotto-obiettivo specificamente dedicato al contrasto della diffusione delle armi leggere. Ma molti altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ci aiutano a focalizzare meglio azioni concrete per il disarmo, penso ai tanti riferimenti all’uguaglianza di genere, nonostante non ci sia una citazione esplicita in tal senso.
Spesso il disarmo è considerato un’idea impraticabile. Che ne pensa?
IN Lo ritengo un vero e proprio “mito”, o quantomeno un’idea distorta. Il disarmo, al contrario, è una strada da percorrere per affrontare e risolvere le reali minacce di sicurezza. La storia ci insegna che proprio nei periodi di maggiore tensione o pericolo di guerre su ampia scala, pensiamo ancora alla Guerra Fredda, sono avvenuti importanti negoziati e accordi per un maggiore controllo degli armamenti o addirittura per una riduzione degli stessi. Con conseguenti vantaggi, positivi e tangibili. A breve scadrà il Trattato “New START” tra Russia e USA, e se non verrà rinnovato sarà la prima volta in oltre 50 anni che le due potenze non avranno ottenuto un accordo nell’ambito di negoziati per il disarmo. Rigettando quanto avevano capito nei decenni precedenti: disarmo e controllo degli armamenti sono parte fondamentale delle politiche di sicurezza. Forse ora molti leader politici e di opinione se lo sono dimenticati, ma è un fatto storico che accordi di disarmo hanno reso il nostro mondo più sicuro in particolare quando sono riusciti a scaturire da situazioni di crisi affrontate con prospettiva di cooperazione fra gli Stati. Dobbiamo lavorare in questo senso, rafforzando il nuovo concetto di sicurezza, non più solo “nazionale” ma sempre più incentrata sulle persone. Che sicurezza potrà mai avere uno Stato se chi vive nel suo territorio non ha una propria sicurezza personale? E in questo senso, rimettendo al centro l’umanità, la strada per il disarmo è quella che può garantire meglio un successo per garantirle entrambi. E lavorare per questo non è per nulla utopico o solo idealistico: è una scelta pratica e pragmatica.