Il coordinatore della Rete Disarmo, Francesco Vignarca: la nuova presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica sta facendo la differenza
La nuova presa di posizione dell’opinione pubblica sulla minaccia letale rappresentata dalle armi nucleari, sta facendo la differenza. La scelta di numerosi operatori finanziari ne è la prova». È ottimista sui risultati dello studio e sul “trend” che sembra essersi innescato, Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, partner di Ican. «Segna un cambiamento di tendenza. Gli sforzi per bandire l’atomica dalla politica internazionale non sono più appannaggio di pochi eletti. La campagna sta “contagiando” altri settori. A partire da quello economico, chiave per la sussistenza degli arsenali», sottolinea l’attivista.
Che cosa ha determinato questo “mutamento” che si coglie nel rapporto?
Il sì dell’Onu al trattato, il 7 luglio, è stato una pietra miliare. La cui importanza è stata sottolineata dall’assegnazione del Premio Nobel per la Pace ad Ican pochi mesi dopo. Accanto al lavoro istituzionale, con i governi e i rappresentanti politici, abbiamo abbinato un intenso impegno sul territorio, per sensibilizzare l’opinione pubblica. Traguardo a cui hanno contribuito, in modo fondamentale, i ripetuti appelli di papa Francesco contro la deriva atomica. E la sua denuncia del ruolo che hanno i produttori di armi nel promuovere i conflitti. Un punto cruciale quest’ultimo: poiché è là che le persone comuni hanno potere diretto di intervento.
Che cosa intende?
Ogni cittadino può decidere come investire i propri risparmi. Se tanti rifiutano un determinato settore, perché lo considerano poco etico, le banche si adegueranno. Pian piano verrà pure la politica.
A questo proposito, che azione state compiendo per “convincere” l’Italia? Questa finora si è tenuta fuori dal bando Onu.
Siamo impegnati su due fronti. Abbiamo appena lanciato la campagna “Italia ripensaci”, insieme a Senzatomica. Si tratta di un lavoro con gli enti locali perché approvino ordini del giorno in cui chiedono all’esecutivo centrale di cambiare idea sul trattato. Abbiamo già avuto decine di adesioni, tra cui quelle dei Comuni di Torino, Padova e Faenza. Stiamo, inoltre, distribuendo delle cartoline antinucleare in tutta Italia: una copia la diamo, l’altra la prendiamo noi firmata. Poi il 7 luglio, primo anniversario del bando Onu, le raccoglieremo in una scatola che porteremo sotto Palazzo Chigi, per proporre al nuovo governo di aderire all’accordo.
Articolo di Lucia Capuzzi per “Avvenire” di giovedì 8 marzo 2018