Ogni giorno l’Italia spende 65 milioni di euro in spese militari e, ogni giorno, solo per acquistare nuovi armamenti, ne spende 15. Sono i calcoli dell’Osservatorio MIL€X, che documenta come, negli ultimi 10 anni, i fondi alla Difesa, anziché subire tagli, siano aumentati del 20%. Il dossier, presentato oggi a Roma, è promosso, tra gli altri, da Francesco Vignarca, nell’ambito della Rete Italiana per il Disarmo, Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.
R. – Se prendiamo il decennio dal 2006 in poi, vediamo che la crescita in valori correnti, cioè negli effettivi soldi spesi e messi a bilancio, è di circa il 20%. Se poi andiamo a guardare la spesa costante al 2010, cioè valutando l’inflazione, la crescita tra il 2006 e il 2017 è del 4%. Vuol dire che negli ultimi 10 anni, caratterizzati dalla crisi economica che tutti conosciamo, le spese militari hanno battuto l’inflazione e sono riuscite, poco alla volta, a crescere arrivando ad un valore di quasi 23,4 miliardi di euro previsti per il 2017.
D. – Perché tutta questa spesa destinata agli armamenti? Si pensava che ci sarebbero stati dei tagli …
R. – In realtà, è quello che da un po’ di tempo va dicendo anche la ministra Pinotti (Roberta Pinotti, Ministra della Difesa nel governo Renzi ndr), prendendo delle statistiche che però non sono così precise come la metodologia del nostro Osservatorio, sviluppata per quest’anno. Quest’anno abbiamo considerato pienamente il bilancio della difesa sottraendo, per esempio, anche la parte dei Carabinieri che non riguarda questioni militari, ma riguarda questioni di sicurezza interna; abbiamo conteggiato le pensioni militari, che sono pensioni speciali e specifiche e costano molto di più; tutti i soldi per le missioni militari all’estero che sono pienamente spese militari, perché riguardano il dispiegamento delle nostre forze anche nei teatri di conflitto e, poi, abbiamo considerato e analizzato nel profondo le spese e i fondi che il Ministero dello Sviluppo Economico dedicherà all’acquisto di armamenti. In pratica, se vogliamo dire così, il Ministero dello Sviluppo Economico sarà un po’ il salvadanaio che la Difesa usa per acquistare armi senza utilizzare soldi propri.
D. – Per quello che è possibile, entriamo nello specifico: quando si parla di spese militari e delle cifre erogate dallo Sviluppo Economico per l’acquisto di armamenti, che cosa si intende?
R. – Si intende il fatto che nel bilancio della Difesa, oltre al personale, cioè pagare gli stipendi agli uomini e alle donne che stanno sotto le armi, c’è una quota per comprare nuovi armamenti. Il problema è che spesso e volentieri questa quota non viene inserita nel bilancio proprio della Difesa, mentre invece il Ministero dello Sviluppo Economico che ha, al suo interno, tutta una serie di fondi che dovrebbe erogare per la competitività delle imprese, per lo sviluppo di nuove imprese, spesso e volentieri li gira direttamente al comparto della difesa. Ad esempio, nel 2017, se tutto verrà confermato, il budget della competitività per lo sviluppo delle imprese e dello sviluppo economico sarà di 3,9 miliardi; di questi, 3,3 andranno ad acquistare nuove armi: fregate militari, nuovi aerei militari, eccetera. Cioè, praticamente l’86%, quasi il 90%, dei fondi dello Sviluppo Economico finiranno all’industria degli armamenti. E questo è qualcosa che sta fuori dal budget della difesa e di solito, quindi, non si conteggia. Noi lo inseriamo perché ovviamente comprare navi militari è una spesa militare.
D. – Quindi, a questo punto le spese sono indirizzate verso l’industria bellica italiana?
R. – Sì, esattamente. C’è spesso e volentieri anche una volontà di sostenere questa industria al di là delle necessità, quindi dentro questi fondi che, da quando lo Sviluppo Economico ha iniziato a erogare fondi di questa natura, sono arrivati a superare già i 50 miliardi negli ultimi anni, ci sono naturalmente i famosi e famigerati F35, i cacciabombardieri, ma c’è anche la nuova portaerei “Trieste” con la quale, se dovessimo veramente acquistarla, arriveremmo a due portaerei ponendoci allo stesso livello della Gran Bretagna e raddoppiando rispetto alla Francia, per esempio. Ma ci sono anche nuovi blindati “Centauro”, i nuovi elicotteri “Mangusta”, tutte spese che spesso e volentieri non sono nemmeno a carico del Ministero della Difesa, come è stato appena detto.
D. – E sono giustificabili?
R. – Questo non lo so. Noi, con il Progetto MIL€X, forniamo i dati precisi, poi l’analisi è una questione politica. C’è qualcuno che potrebbe dire, magari, che sono anche pochi, questi soldi che solo per le armi e i nuovi arruolamenti saranno più di 5 miliardi, nel 2017. Noi, se guardiamo invece con l’ottica di Rete Disarmo, riteniamo che non sia sensato fare questi acquisti. Negli ultimi anni, ad esempio, l’Italia ha acquistato migliaia di veicoli blindati utilizzandoli nelle missioni meno del 5%. Fondamentalmente, è come se ciascuno di noi comprasse 25 automobili per utilizzarne solo una. Noi vogliamo, con criteri obiettivi, con criteri scientifici, andare a conteggiare e a mettere a disposizione di tutti, i dati sulla spesa militare. Poi ciascuno farà le proprie considerazioni.