La riduzione delle spese militari potrebbe garantire ai Paesi risorse da destinare alla lotta ai cambiamenti climatici. Dal 30 settembre al 3 ottobre nella capitale tedesca la conferenza “Disarm! For a climate of Peace”, promossa dall’International Peace Bureau. Abbiamo intervistato il direttore, Colin Archer
Centinaia di attivisti, esperti, delegati da tutto il mondo. Decine di incontri, workshop e sessioni plenarie con la partecipazione gli ospiti e studiosi di caratura internazionale. Sono gli elementi che renderanno vivi e importanti i tre giorni di lavoro del Congresso mondiale promosso da International Peace Bureau all’università Tecnica di Berlino per l’inizio di ottobre. Il titolo –“Disarm! For a climate of Peace” (Disarma! Per un clima di pace)- rende chiara l’intenzione di far convergere nel programma, costruito anche con un lungo e partecipato percorso costellato di incontri preparatori, un approccio globale e multidisciplinare al tema della pace. Una scelta necessaria ed efficace, in un momento storico in cui altri problemi internazionali (la crisi economica, i focolai di conflitto, l’epocale tema delle migrazioni) sembrano rendere effimero qualsiasi tentativo o anche solo pensiero di costruzione di un percorso di pace. Per questo l’intenzione di IPB (la più antica rete internazionale pacifista, insignita del Premio Nobel nel 1910) è stata quella di invitare al dibattito ospiti ed organizzazioni provenienti da discipline e background differenti, pur considerando primari per il tema scelto gli aspetti economici e politici.
Hanno confermato la loro presenza e il loro contributo di riflessione al Congresso tra gli altri gli economisti James Galbraith e Samir Amin, le Premio Nobel per la Pace Jody Williams e Tawakkol Karman, attivisti e pensatori come Vandana Shiva e Noam Chomsky, ex-politici e rappresentanti di istituzioni internazionali come Mikhail Gorbachev, Federico Mayor Zaragoza e Angela Kane, senza dimenticare il fondatore del Right Livelihood Award Jakob von Uexküll e del vincitore dello stesso premio Alyn Ware.
Tra gli obiettivi principali del Congresso, quello di portare al centro del dibattito pubblico il tema delle spese militari (al centro del lavoro di IPB negli ultimi anni) e rafforzare le reti globali di attivisti. Nelle intenzioni degli organizzatori e dei partecipanti le enormi sfide globali che ci attendono su fame, lavoro, cambiamento climatico si potrebbero iniziare a risolvere attuando passi reali di disarmo. Scelte che però devono essere chiaramente formulate e inserite in una realistica agenda politica. “L’International Peace Bureau ha organizzato il Congresso di Berlino per rispondere al crescente senso di crisi che viene percepito in tutto il mondo -spiega ad Ae Colin Archer, direttore generale dell’organizzazione-, in particolare se pensiamo ai conflitti fra Stati e interni agli stessi, oltre che all’enorme quantità di fondi pubblici sprecati nel settore militare. Oggi è sempre più chiara la connessione tra una globalizzazione dei conflitti che strangola percorsi virtuosi e la necessità dall’altra parte di una grande trasformazione. Ed è evidente che senza un superamento di politiche troppo militariste sarà impossibile qualsiasi progresso socio-ecologico che possa portare al risultato di un equo ordine sociale”.
Una sfida che, per quanto riguarda il passo del Congresso “Disarm!” di Berlino, pare essere stata raccolta da molti. Tra i partner dell’iniziativa troviamo infatti Friends of the Earth, Pax Christi International, Women’s International League for Peace and Freedom, Economist for Peace and Security, il Nobel Peace Center e la storica organizzazione nonviolenta dei War Resisters International. Tutti con l’idea di costruire un piano di azione condiviso per la pace, come già successo nel 1999 con la “Hague Conference”.
“Le Nazioni Unite hanno adottato i nuovi Sustainable Development Goals e c’è stato l’accordo su un piano di azione per contrastare il cambiamento climatico nella COP 21). Ma pochissimi tra gli Stati membri dell’ONU hanno colto queste come occasioni per spostare fondi su priorità di spesa diverse da quelle militari, proprio per raggiungere tali scopi” sottolinea ulteriormente Colin Archer. Richieste invece alla base della Global Campaign on Military Spending (GCOMS) promossa da organizzazioni di diversi paesi è che non si limita a chiedere un semplice taglio della spesa militare, ma propone anche una riconversione ad un’economia orientata al civile (cancellando ricerche di natura militare) che possa creare lavoro con soluzioni sostenibili sia socialmente che ambientalmente. In un quadro di promozione di strumenti di prevenzione dei conflitti.
Nelle giornate del Congresso di Berlino (30 settembre-3 ottobre) convergeranno inoltre diverse campagne con loro specifici appuntamenti e incontri (da segnalare in particolare quelli legati al disarmo nucleare), rendendo ancora più ricco un programma già importante. Anche la Rete Italiana per il Disarmo sarà presente al Congresso con un proprio workshop (in collaborazione con European Network Against Arms Trade) dedicato all’economia della pace: “Less money for weapons, more funds for Peace Economics”. Appuntamento in cui troverà spazio l’azione recentemente lanciata a livello europeo contro l’inserimento di fondi per la ricerca armata nel Bilancio dell’Unione Europea.