Famiglia Cristiana riprende in un dossier le posizioni di “Taglia le ali alle armi”, riportando in vari pezzi scritti da Lorenzo Montanaro anche delle mie dichiarazioni. Eccoli riassunti per voi…
Per i cacciabombardieri d’attacco F-35 nessun taglio in vista. Nei mesi scorsi il Parlamento ha approvato una mozione che esigerebbe il dimezzamento del budget per il programma Joint Strike Fighter (cioè quello relativo ai tanto discussi aerei), ma il Governo va avanti come se nulla fosse. O almeno questo è quello che emerge dal Documento di Programmatico Pluriennale (Dpp) presentato nelle scorse settimane, dal quale non risulta nessuna sensibile riduzione di spesa.
La notizia, peraltro già nell’aria, ha generato un’ondata di amarezza e indignazione nel mondo disarmista. Secondo i responsabili della campagna “Taglia le ali alle armi”, che dal 2007 si batte per la cancellazione del programma dei caccia, quella dell’Esecutivo è «una scelta insensata» e rappresenta uno schiaffo al Parlamento. «Riteniamo inaccettabile», si legge in un comunicato, «che il Governo non conceda alcun ascolto alla società civile e all’opinione pubblica su un tema così importante e delicato».
Va detto che riguardo agli F-35 la Camera non si è espressa in modo inequivocabile. Infatti, oltre alla mozione Scanu (Pd) che parla esplicitamente di dimezzamento dei fondi, l’aula di Montecitorio ne ha approvate anche altre, che in modo molto più generico si limitano a raccomandare un aggiornamento del programma. Come già rimarcato a suo tempo dagli analisti della Rete Disarmo, questa molteplicità di testi lascia parecchio spazio di manovra ai sostenitori dei caccia.
TOTALE ASSENZA DI CONFRONTO POLITICO
Ma anche al di là delle indicazioni parlamentari,“Taglia le ali alle armi” denuncia una totale assenza di confronto politico. «Il Governo ha scelto una strada di pieno silenzio, per poter presentare la decisione di acquisto complessivo e non ridotto come un dato di fatto ormai acquisito».
Da tempo i responsabili della campagna chiedono un incontro col premier Matteo Renzi e con la ministra della Difesa Roberta Pinotti, senza però avere risposte. E negli ultimi mesi i vertici dell’Esecutivo hanno rilasciato dichiarazioni contrastanti, qualche volta palesemente contraddittorie. Una delle più recenti è una nota del Ministero della Difesa, pubblicata poco dopo la presentazione del Dpp e il conseguente riesplodere delle polemiche. «Appaiono prive di alcun razionale fondamento e certamente solo strumentali alla giustificazione di una posizione preconcetta, sia l’interpretazione malevola delle informazioni rese pubbliche, sia le accuse di aver mentito e di avere preso “decisioni insensate”»: chiarissimo il riferimento alla campagna “Taglia le ali alle armi”, che però non viene mai apertamente citata. «Le azioni e le comunicazioni del ministro della Difesa sono sempre state improntate alla massima trasparenza, correttezza d’informazione e onestà d’intenti». Di cifre e dati dettagliati, però, ancora una volta, nemmeno l’ombra.
«La recente emanazione del Libro Bianco per la Sicurezza internazionale e la Difesa», prosegue la nota, «introduce precisi indirizzi politici che potrebbero portare anche a una sostanziale revisione della pianificazione della Difesa». Affermazione, quest’ultima, che sembra lasciare la porta aperta a una possibile ridiscussione del programma. Ma siamo ancora nel campo degli annunci e il mondo disarmista è sempre meno disposto a prestarvi credito.
Per capire a che punto sia esattamente il programma F-35 bisognerebbe poter accedere ai numeri, ben più eloquenti di qualsiasi annuncio. Servirebbero tabelle dettagliate relative agli investimenti e ai lotti d’acquisto. Servirebbe, insomma, capire con esattezza quanti soldi si intendano impiegare e a che cosa vengano destinati. Ma queste indicazioni sono in gran parte inaccessibili.
«A partire dall’ultima legge di stabilità sono sparite le tabelle di dettaglio relative al programma», denuncia Francesco Vignarca, coordinatore Rete Italiana Disarmo. «E nel Documento di Programmazione Pluriennale (Dpp) troviamo solo le indicazioni per l’anno in corso. Nulla sappiamo circa le proiezioni per il prossimo biennio».
Il segreto militare non c’entra: altri Paesi (a cominciare dagli Stati Uniti) sono su questi aspetti ben più trasparenti. «Sembra piuttosto che la reticenza sia dovuta a una sorta di paura. Il programma degli F-35 incontra forti resistenze in un’ampia porzione di elettorato: se il Governo vuole portarlo avanti comunque, che almeno lo dica chiaramente».
E COMPAIONO 360 MILIONI DI CUI NON C’ERA NOTIZIA…
Per quanto scarni, i dati disponibili consentono comunque qualche riflessione. Nel 2015 per il programma Joint Strike Fighter (il più costoso della storia) l’Italia spenderà 582,7 milioni di Euro, 220 in più rispetto al 2014 (con un considerevole aumento del 62%), ma 60 in meno rispetto a quanto stimato dal precedente documento (la flessione è del 10%). «Questo però», mette in guardia Vignarca, «non ci autorizza a parlare di vera riduzione. Gli stanziamenti per il singolo anno sono passibili di modifiche, anche a seconda delle risorse disponibili. Ciò che conta è il budget complessivo, la cui previsione, per il solo acquisto dei velivoli, resta invariata a 10 miliardi. Se davvero si volesse incidere sul programma, quello sarebbe il primo elemento da mettere in discussione».
Ma il Dpp preoccupa gli analisti anche per altri aspetti: compaiono infatti 360 milioni «dei quali finora non avevamo notizia», che verranno stanziati nei prossimi anni e che serviranno a realizzare l’impianto di manutenzione degli aerei presso lo stabilimento di Cameri(Novara). Questi nuovi fondi si aggiungono agli 860 milioni già spesi per l’impianto di assemblaggio, anch’esso con sede a Cameri, dal quale pochi mesi fa è uscito il primo F-35 “made in Italy”.
Dai calcoli della Rete Disarmo emerge che, per le sole fasi preliminari e per la costruzione degli impianti industriali, il costo del programma per l’Italia è di circa 3,5 miliardi di euro (in gran parte già spesi tra il 2003 e oggi). Per quanto invece riguarda l’acquisto dei caccia, finora sono stati spesi circa 900 milioni, ma, come già osservato, le stime parlano di 10 miliardi complessivi.
Siamo all’ennesima figuraccia per i cacciabombardieri d’attacco F-35 prodotti dalla multinazionale Lockheed Martin. Oltre a porre enormi problemi etici, politici ed economici,il programma militare più costoso della storia sta collezionando una serie di insuccessi a livello tecnico.
E a dirlo non sono i “soliti pacifisti”. L’ultimo segnale d’allarme arriva da un pilota militare dell’Air Force Usa, il quale, dopo vari test e simulazioni di combattimento, ha scritto un rapporto fortemente critico nei confronti dei velivoli. La notizia porta la firma del giornalista statunitense David Axe, affermato corrispondente di guerra. A renderla nota in Italia è stato, ancora una volta, l’impegno di Francesco Vignarca (coordinatore della Rete Italiana Disarmo), che ne ha parlato sul suo blog (www.vignarca.net).
IL RAPPORTO DEL PILOTA AMERICANO? UNA LITANIA DI CRITICHE
Il cronista americano afferma di aver avuto tra le mani le cinque pagine di rapporto ufficiale redatto dal pilota e di avervi letto «una litania di critiche». Il test, insomma, avrebbe messo in luce tutti i problemi di design e sviluppo del caccia (alcuni dei quali già emersi in passato).
Il velivolo non sarebbe in grado di deviare lateralmente e prendere quota abbastanza in fretta da colpire un aereo nemico in combattimento. Per la stessa ragione avrebbe problemi a evitare il fuoco ostile. La simulazione di combattimento ha messo a confronto l’F-35 con un F-16, aereo vecchio di quarant’anni. In varie situazioni quest’ultimo avrebbe avuto la meglio.
«Solo in un caso», scrive Vignarca sintetizzando il contenuto del report, «ponendosi ad angoli di attacco estremi, il caccia F-35 è risultato efficace nell’attaccare l’aereo avversario, ma con una manovra così delicata e divoratrice di energia da lasciare il pilota senza alcuna opzione successiva. In pratica il caccia dal costo multimilionario avrebbe “un solo colpo” a disposizione in un eventuale scontro ravvicinato»..
IL CACCIABOMBARDIERE DAI PIEDI D’ARGILLA
Un giudizio davvero impietoso quello del pilota americano. E non è certo la prima volta che il tanto discusso caccia rivela la sua natura di gigante dai piedi d’argilla. Un anno fa, proprio in questi giorni, il Pentagono era stato costretto a bloccare i voli a seguito di un incendio scoppiato a bordo. E i vari esperimenti condotti negli anni hanno evidenziato problemi di ogni genere: dalle crepe nella fusoliera, ai ritardi di sviluppo del sistema informatico, fino alle perdite d’olio.
Ci sono perfino alcuni dettagli “comici”: i piloti avrebbero difficoltà a muoversi nella cabina, a causa delle eccessive dimensioni del casco. A questo punto c’è solo da chiedersi che cosa possa spingere un Governo a investire cifre esorbitanti in un programma militare contrario al comune buon senso, prima ancora che alle istanze di equità sociale e ai sogni di un mondo più pacifico.