Qualche mia considerazione sulla cosiddetta “emergenza” migranti, per Radio Città Fujiko.
Bruxelles: affondare i barconi e dispiegare i militari contro gli scafisti.
di Alessandro Canella
L’Unione Europea si barrica contro l’emergenza umanitaria dei profughi e, invece che pensare all’accoglienza, ipotizza l’opzione militare con l’affondamento dei barconi e la caccia agli scafisti. La Rete Disarmo: “Così si intrappolano migliaia di persone in Libia”.
“Serve un approccio politico in Europa per affrontare il problema delle stragi di migranti nel Mediterraneo”. Lo ha detto questa mattina alla Camera il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel riferire la posizione che il governo terrà domani al Consiglio Ue straordinario chiesto dall’Italia dopo il naufragio nel Canale di Sicilia che ha provocato almeno 700 morti, avvenuto domenica scorsa. Nel frattempol’Europa sembra intenzionata ad affrontare l’emergenza immigrazione con le bombe. È infatti l’opzione militare quella indicata da Bruxelles, con l’affondamento dei barconi che trasportano i migranti e un’operazione contro gli scafisti.
Dopo Amnesty International, anche la Rete Italiana Disarmo considera una non-risposta quella dell’Europa, al punto da giudicare la soluzione ipotizzata come un’opzione per tenere il problema “lontano dagli occhi, lontano dal cuore“.
“La nostra bocciatura – spiega il portavoce Francesco Vignarca – non è solo etica o morale, ma anche dal punto di vista pratico. L’Unione, per questa scelta, si è ispirata alla missione Atalanta che ha lo scopo di combattere la pirateria in Somalia, ma è chiaro che il contesto lì e ben diverso, riguarda due o tre navi circoscritte. Il problema non è il trasporto nel tratto finale, visto che molte persone pagano gli scafisti anche nel tragitto fino in Libia e durante l’attraversamento del deserto”.
Pensare di risolvere il problema solo bombardando 5, 10 o 20 barconi, secondo il portavoce dei disarmisti, vuol dire chiudere gli occhi di fronte al fatto che non è quello il problema, ma solo la conseguenza di una situazione molto più grande e grave.
Per Vignarca, qualora si riuscisse, anche senza i cosiddetti danni collaterali, a fermare le partenze, il problema rimarrebbe quello di centinaia di migliaia di persone bloccate in Libia, ammassate sulle coste. “Si condannerebbero quelle persone a non morire in mare, ma a morire nel conflitto che c’è nel Paese o nel deserto”.
Fondamentale è invece l’intervento dell’Onu, che dovrebbe avere il compito di stabilizzare la Libia e gli altri fronti di conflitto aperti, oltre ad una ristrutturazione economica e sociale di quei Paesi.
“Se si ha un minimo di cuore – conclude Vignarca – bisogna capire che queste persone fuggono non perché siano più stupide, ma chiunque di noi, vedendo le immagini, ad esempio, della guerra in Siria penserebbe che sarebbe giusto scappare, se si trovasse in quella situazione”.