Tra gli effetti collaterali della riforma del Senato anche una modifica all’art. 78 della Costituzione. Mia intervista per Radio Città Fujiko
La riforma istituzionale al vaglio del Parlamento, in questo momento in discussione alla Camera dei Deputati, annovera tra i vari provvedimenti discendenti dalla modifica delle funzioni del Senato anche una riscrittura dell’articolo 78 della nostra Costituzione. Tale articolo afferma che “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”.
Con la riforma costituzionale che trasformerà il Senato in Camera non elettiva, modificandone profondamente le funzioni, il potere di dichiarare lo stato di guerra sarà in mano a un solo ramo del Parlamento e, di fatto, diventerà prerogativa dell’esecutivo. La riforma del Senato, infatti, combinata con lanuova legge elettorale che prevede un alto premio di maggioranza, configura la possibilità che un singolo partito – in minoranza nel Paese e nell’elettorato ma avente la maggioranza in Parlamento grazie alla legge elettorale – possa prendere una decisione così importante.
Tra gli effetti collaterali del progetto di riforma costituzionale va considerata la riscrittura dell’art. 78 della Costituzione, il quale prevede che “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”. Si tratta di una norma, pensata dai padri costituenti, che deroga dal principio di ripudio della guerra sancito dall’articolo 11, e che affida al Parlamento il potere di attivare lo stato di guerra in caso di eventualità eccezionale. La trasformazione del Senato così come attualmente al vaglio del legislatore attribuirà questo potere a un solo ramo del Parlamento, la Camera dei Deputati.
Preoccupazione per questa possibilità – e in particolare per la leggerezza con la quale si sta affrontando un tema tanto delicato – è stata espressa dalla Rete Italiana per il Disarmo, secondo cui è “pericoloso e poco responsabile che si intervenga sull’articolo 78 della Costituzione, che rappresenta una deroga eccezionale a principi ben più fondanti delle nostre istituzioni repubblicane, solo come conseguenza automatica e quasi “tecnica” di una decisione sull’assetto parlamentare”. Per questo motivo è stato lanciato un appello per sostenere un emendamento presentato da un largo numero di parlamentari affinché venga innalzato il quorum necessario per una dichiarazione di guerra.
“Al momento attuale, se passasse questa riforma, sarebbe più difficile eleggere il Presidente della Repubblica che dichiarare guerra – sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo – bisognerebbe aprire il dibattito e trovare modalità condivise per continuare sulla falsa riga della nostra Costituzione, che tra i suoi principi fondamentali ripudia la guerra”.
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