Come si può considerare successo la conferma di qualcosa già annunciato e che si considerava già acquisito? Non lo so, ma pare che per il Ministero della Difesa funzioni così, almeno per la scelta – annunciata oggi – di Cameri come polo manutentivo per gli F-35 dislocati in Europa (dal 2018). Senza dimenticare che attualmente la FACO novarese è l’unica esistente al di fuori degli Stati Uniti: quella che si dice “scelta obbligata”, più che “risultato straordinario” come dichiarato oggi dalla Ministro Pinotti e dall’AD di Finmeccanica Moretti…
Nell’enfasi dell’annuncio sfuggono però alcuni elementi fondamentali: il polo italiano verrà affiancato da uno inglese se le richieste di manutenzione saranno più alte del previsto (cioè nel momento in cui dovessero concretizzarsi veri ritorni con margini lucrativi) e tutta la ghiotta filiera legata al motore prodotto da Pratt&Whitney, altrettanto di valore, è stata assegnata alla Turchia (con Olanda e Norvegia pronte in supporto). E anche Israele ha già iniziato un proprio braccio di ferro per portare a casa qualcosa…
Uno scenario molto diverso (anche nel numero confermato di caccia acquisiti dai partner europei, molto sotto il previsto) da quello magnificato per anni e che quindi comporterà, alla fine della storia, dei ritorni industriali ed occupazionali di gran lunga inferiori all’investimento operato dal nostro Governo. Ricordando poi che le manutenzioni eseguite alla FACO saranno ovviamente pagate dalle Forze Armate dotate di caccia JSF. Quindi anche dal nostro bilancio statale, per quanto riguarda i nostri…
Queste considerazioni di carattere generale, non difficili da mettere in fila se si conosce a fondo la storia del programma JSF e ben lontane dagli odierni toni trionfalistici del Ministro Pinotti e dell’AD Moretti, non si possono purtroppo spingere oltre, per la solita mancanza di dati reali e dettagliati. Ci si ferma, cronicamente, agli annunci spettacolari. Abitudine purtroppo ben radicata per il “caso F35” e che aumenta il quadro di poca trasparenza legato a questo progetto. Del quale, nonostante le recenti e reiterate richieste anche della campagna Taglia le ali alle armi, non sono ancora note cifre e dettagli ufficiali relativi a tutti i contratti di acquisito, così come la natura e il valore delle commesse effettivamente assegnate alla nostra industria (non – quindi – mere previsioni sulla carta). Per avere stime attendibili a riguardo, così come per la situazione dello sviluppo tecnico del velivolo, dobbiamo obbligatoriamente riferirci alle informazioni provenienti dal Dipartimento della Difesa Usa visto che nella Legge di Bilancio presentata al Parlamento sono addirittura sparite le tabelle di dettaglio sul programma.Una situazione inaccettabile e problematica per un investimento da decine di miliardi gentilmente forniti dai contribuenti italiani…
Speriamo che lo scenario cambi e che, finalmente, il nostro Ministero della Difesa abbia il coraggio di riferire per filo e per segno i numeri della partecipazione italiana al progetto Joint Strike Fighter. Un passo minimo e dovuto per garantire all’opinione pubblica la possibilità di un giudizio serio su questa scelta.