Di seguito il mio contributo allo speciale sulla Pace che il portale www.benecomune.net (legato alle ACLI) ha realizzato per Ottobre 2014. In coda l’elenco degli articoli del dossier.
Il disarmo deve essere considerato come una strada privilegiata ed una forma di liberazione imprescindibile. Perché si tratta di un processo che pone in questione un impianto politico internazionale complessivo ed una prospettiva di scelta che ci viene falsamente mostrata come un dato di fatto. Quella che dobbiamo costruire è un’alternativa “sistemica” di natura economica, politica, sociale capace di agire non solo nel momento del conflitto ma in tutte le fasi che preparano la guerra e le sue drammatiche conseguenze.
Il mondo, oggi, è attraversato da conflitti numerosi e di diversa natura. Conflitti esplosi in guerre o rimasti latenti ma non per questo meno problematici. Una serie di minacce e di criticità ci vengono quotidianamente sottolineate da media e politica, spesso come giustificazione a necessità di interventi armati e di natura militare. In pochi sono in grado, o vogliono, legare però tale situazione agli oltre 1750 miliardi di spesa militare mondiale complessiva, o alla crescita esponenziale del fatturato dell’industria militare di questi ultimi anni. Se il mondo si dota di armi ed eserciti, come unico strumento per cercare di risolvere i contrasti che lo attraversano, non possiamo di certo aspettarci uno scenario differente.
Chi sta cercando di farlo è invece la società civile: la questione delle spese militari è divenuta, negli ultimi anni, uno snodo centrale del lavoro delle aree pacifiste anche in Italia grazie all’azione di diverse campagne. L’obiettivo è quello di esplicitare il naturale legame tra la volontà di costruzione di un futuro di Pace – magari con una prospettiva nonviolenta – e le azioni di disarmo e di abbattimento della spesa per acquisti armati. Complice anche la crisi economica dei tempi che viviamo, sottolineare in maniera negativa gli investimenti armati e agire quindi per una “pars destruens” informata ed efficace di quella che è la situazione attuale delle scelte pubbliche su armamenti, guerra, strutture militari è apparso ed è risultato più semplice che in passato.
Anche grazie alla situazione di crisi economica generalizzata, è semplice dimostrare l’inutilità e insensatezza del complesso di spesa militare, mondiale ed anche nel nostro Paese, che non riuscirà mai a sanare le situazioni di chi si trova in difficoltà quotidianamente nella propria vita, con il proprio lavoro e nella propria famiglia. Questa concreta dimostrazione di insensatezza, che si può legare anche alla sottolineatura degli ingenti interessi privati connessi alla produzione di armi, è una strada che bisogna continuare a percorrere. Ma bisogna farlo fino in fondo: sbagliato sarebbe fermarsi alla lettura che vede nel disarmo e nelle sue campagne solo uno strumento “tecnico” di contrasto alla guerra e alle imponenti risorse che vengono messe a disposizione delle forze militari tutto il mondo.
Gli armamenti, o meglio l’industria a produzione militare che li sforna, non si “usano” solo durante i le guerre ma forniscono base al consolidamento di un sistema che punta alla risposta armata come unica strada (mostrata quasi come “naturale”) per risolvere i conflitti. Una lunga fase di preparazione, culturale e politica oltre che economica e strutturale, in cui ingenti risorse si perdono e vengono bruciate. E’ in questo momento, magari anche molto lontano da quello dell’esplosione di violenza, che le politiche di guerra vengono tracciate e le risposte possibili vengono accuratamente selezionate: solo quelle “armate” verranno messe a disposizione delle scelte della politica nei momenti in cui una necessità internazionale o una problematica particolare saranno sotto gli occhi di tutti e non potranno più essere “ignorate”. E magari verranno anche condite con strumentali considerazioni di ordine economico ed occupazionale, opportunamente ben gonfiate.
Uno scenario che ci deve far riflettere per arrivare ad una nuova elaborazione di pace, figlia diretta diun’azione di disarmo, che deve essere chiaramente e correttamente considerato come una strada privilegiata ed una forma di liberazione imprescindibile. Perché si tratta di un processo che pone in questione e problematizza, come mai fatto fino in fondo, un impianto politico internazionale complessivo ed una prospettiva di scelta che ci viene falsamente somministrata, al contrario, come un dato di fatto.
Quella che dobbiamo costruire è un’alternativa “sistemica” di natura economica, politica, sociale... capace di agire non solo nel momento del conflitto, o solo con l’idea banale delle armi “brutte, sporche e cattive”, ma in tutte le fasi che preparano la guerra e le sue drammatiche conseguenze.
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OK, IL PREZZO È GIUSTO: CRISTO NOSTRA PACE
Marco Bonarini – 13/10/2014
Gesù è il nostro maestro nel fare la pace. E’ colui che soddisfa il nostro desiderio di vita e per questo pacifica la nostra vita. Cristo compie questa pacificazione facendo degli ebrei e dei pagani una cosa sola. Il mistero pasquale manifesta la novità di un Dio che irrompe nella storia per relizzare una riconciliazione definiva. Che vuole fare dell’uomo un nuovo costruttore di pace -
PACE FUORI, GUERRA DENTRO
Giovanni Grandi – 13/10/2014
Il conflitto è inevitabile: la vita ne è impastata. All’uomo spetta decidere se imparare ad affrontarlo a livello interiore o se disertarlo dentro e viverne tutta la tensione fuori. Se vuoi la pace fuori, preparati alla guerra dentro: non è una strategia militare, ma un antico e intenso avvertimento spirituale -
PACEM (ANCHE) IN TERRIS
Claudio Gentili – 13/10/2014
La pace per la Chiesa non è una cieca ideologia, ma un pensiero pratico che ha risvolti etici e concreti. Nasce per l’uomo ed è per l’uomo. I documenti della Chiesa sulla pace aiutano a ritrovare il senso e la natura dell’uomo. Non sono una raccolta di buone pratiche o di buoni propositi ma il contenuto vivo di una dottrina morale, antropologica e sociale illuminata dalla teologia. -
R.I.P. RIPOSI IN PACE. AMEN
Roberto Rossini – 13/10/2014
Per risvegliare una cultura della pace
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TESTIMONI DI NON VIOLENZA
Mao Valpiana – 13/10/2014
Baden-Powell e Gandhi due testimoni di pace e non violenza a cui far riferimento nei momenti di sfiducia e stanchezza. Due figure ancora feconde per l’educazione alla non violenza che mostrano come il pensiero e azione possano e debbano progredire di pari passo -
L’ECONOMIA ARMA, LA PACE DISARMA
Francesco Vignarca – 13/10/2014
Il disarmo deve essere considerato come una strada privilegiata ed una forma di liberazione imprescindibile. Perché si tratta di un processo che pone in questione un impianto politico internazionale complessivo ed una prospettiva di scelta che ci viene falsamente mostrata come un dato di fatto. Quella che dobbiamo costruire è un’alternativa “sistemica” di natura economica, politica, sociale capace di agire non solo nel momento del conflitto ma in tutte le fasi che preparano la guerra e le sue drammatiche conseguenze. -
LA PACE È SOLO MARCIA?
Alfredo Cucciniello – 13/10/2014
A pochi giorni dalla Perugia-Assisi è necessario interrogarsi su alcune questioni: la pace è solo marcia? Il concetto di pace è da ritenersi ormai superato? Certamente la pace non è solo marcia. Per questo la società civile opera per la pace invitando a scegliere la cultura della nonviolenza promuovendo campagne e iniziative politiche indirizzate ai governi nazionali e all’Europa per chiedere la riduzione delle spese miltari e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali