Buone notizie sul fronte della distruzione delle cluster bombs: anche l’Italia nel club dei Paesi virtuosi che stanno raggiungendo in anticipo gli obiettivi previsti dalla Convenzione di messa al bando. Intervista a Giuseppe Schiavello della Campagna Italiana contro le mine
Ogni tanto qualche buona notizia si incontra anche lungo i cammini di disarmo costruiti grazie agli sforzi della società civile internazionale. Una situazione non usuale ma che, fortunatamente, si è registrata per quanto riguarda il tema delle cluster bombs, le micidiali e famigerate “bombe a grappolo”.
Ad inizio settembre, poco prima di un incontro tra gli Stati partner della Convenzione internazionale che prevede la messa al bando delle munizioni cluster, sono stati resi noti i progressi nel percorso previsto da questo strumento internazionale.
Ad oggi gli Stati che hanno aderito alla Convenzione sulle munizioni a grappolo hanno distrutto un totale di 1,16 milioni di bombe, che rappresentano più di tre quarti delle armi dichiarate nei magazzini e sottoposte alla Convenzione. A rivelarlo è stata l’edizione 2014 del“Landmine and Cluster Munition Monitor”, lo studio annuale in attuazione della Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM) condotto da diverse organizzazioni internazionali.
Durante il 2013 Cile, Danimarca, Macedonia e i Regno Unito hanno completato la distruzione dei loro arsenali munizioni a grappolo. Inoltre altri dieci paesi, tra cui Francia, Germania, Giappone e anche l’Italia hanno distrutto un totale di oltre 130.000 munizioni a grappolo e 24 milioni di submunizioni (per submunizioni si intendono gli ordigni più piccoli che vengono rilasciati in seguito all’uso della bomba principale). L’Italia aveva già raggiunto la quota dell’85% di munizioni distrutte a fine 2013.
Va ricordato come la Convenzione 2008 sulle munizioni a grappolo (CCM) comprenda un divieto totale di uso, produzione, stoccaggio e trasporto di munizioni di questo tipo. Inoltre il Trattato prescrive che i Paesi membri debbano distruggere le loro scorte entro otto anni dalla ratifica e bonificare le aree colpite o con resti inesplosi entro dieci anni. Gli Stati parte devono anche offrire un’assistenza adeguata alle vittime delle cluster bombs.
Abbiamo chiesto un parere su questi ultimi sviluppi (e in generale sul percorso della messa al bando delle munizioni a grappolo) a Giuseppe Schiavello, Direttore della Campagna Italiana contro le Mine.
Cosa ne pensa la Campagna italiana mine di questi ultimi dati del “Landmine and Cluster Monitor”? Il nostro paese è davvero sulla buona strada per rispettare gli impegni presi?
SCHIAVELLO > Sì, in termini generali il nostro paese è in prima linea in ambito di cooperazione per quanto riguarda gli interventi di bonifica umanitaria emine action. Con quest’ultima espressione si intende l’insieme di attività a favore di tutti gli ambiti che interessano la nostra azione: bonifica, supporto al reinserimento socio-economico delle vittime, sostegno medico e riabilitativo.
Il maggiore capitolo a disposizione è il fondo ex Legge 58/01 che copre gli impegni presi dal nostro Paese per le Convenzioni sulle mine (Ottawa) e cluster bombs (Oslo). L’Italia rimane uno dei primi paesi donatori in questo ambito un attraverso il Trust fund di Unmas (United Nations Mine Action, agenzia di coordinamento su questioni mine e cluster). Inoltre riteniamo che l’Italia metta a disposizione fondi che si sommano per obiettivi a quelli già citati ma che qualche volta non vengono ricondotti alle attività esplicite dimine action. Esempio sono i fondi dedicati o donazioni in cui si supportano cliniche fisioterapiche, donazioni di protesi, spesso altri progetti in ambito sanitario. Ottimo sarebbe dal nostor punto di vista poter individuare la riconversione di campi minati in attività produttive, come normalmente fa ad esempio la Ong “Roots of peace”.
L’Italia inoltre è in procinto di terminare, come esplicitato nel Monitor, ben prima della scadenza obbligatoria la distruzione dello stock di cluster bombs. Un traguardo che crediamo possibile già entro il 2014 o al massimo nel primo semestre 2015, ben 3-4 anni prima della scadenza ufficiale prevista. Un parte delle cluster è stata avviata alla distruzione anche prima dell’entrata in vigore della Convezione per il nostro Paese e con questa scelta si spiega l’anticipo sul cronoprogramma.
L’Italia sottolinea normalmente nelle proprie dichiarazioni ufficiali in sede internazionale la connessione tra le convenzioni di Ottawa ed Oslo da un lato e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità dall’altro, strumento anch’esso sottoscritto e ratificato dal nostro Paese.
Le priorità della convenzione di Oslo sono senza dubbio l’impegno all’universalizzazione della Convenzione, in modo da arginare e stigmatizzare l’uso di queste armi. Su questo aspetto particolare ma importante va sottolineato come non sia ben chiaro su quali fronti e con quali Paesi l’Italia si stia impegnando diplomaticamente per facilitare l’adesione alle Convenzioni. Su questo il nostro Governo avrebbe titolo e capacità per fare di più. Ed anche il Parlamento, attraverso le proprie commissioni Esteri, dovrebbe imprimere un diverso e più efficace ritmo con delle direttive legate a Risoluzioni.
Di mine si parla anche nel Decreto Missioni (che comprende molte cose) appena convertito in legge: ci può spiegare in che senso e che passi si continuano a fare per preservare i fondi sullo sminamento umanitario?
SCHIAVELLO > Il Decreto Missioni parla di attività di mine action all’articolo 8 comma 2 e si riferisce al finanziamento del Fondo per la bonifica umanitaria. Precedentemente tale fondo – almeno sino al 2011 – veniva finanziato quasi totalmente sulla Legge di Stabilità con una previsione di spesa ben definita. Partito con una dotazione di 15 milioni di euro per il triennio 2001-2003, il fondo si è però ridotto nel tempo a quasi il 40% ed in alcuni momenti è anche dovuto sopravvivere a tentativi di azzeramento integrale.
Noi da sempre abbiamo lavorato affinché questa disponibilità finanziaria, fondamentale per diversi progetti in giro per il mondo, fosse mantenuta in maniera opportuna. Certamente avere ancora due diversi canali di finanziamento dal punto di vista tecnico-formale non aiuta una pianificazione che dovrebbe essere pluri-annuale. Ma la situazione oggettivamente non si può trascurare: gli scenari di conflitto in cui anche le cluster bombs vengono utilizzate si sono moltiplicati dal 2001, mentre i fondi nello stesso periodo si sono dimezzati.
Nella foto Giuseppe Schiavello con il Presidente del Senato Grasso e la Premio Nobel per la Pace Jody Williams