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Ripropongo anche qui la mia intervista rilasciata al portale di Vita sulle dichiarazioni governative relative al taglio delle spese militari in generale e degli F-35 in particolare. Unica cosa: io non avrei usato questo titolo, perchè noi siamo “ben svegli” per controllare quali saranno le effettive decisioni.
Rete Disarmo: Renzi, stiamo sognando?
di Lorenzo Maria Alvaro
Il premier lancia la spendig review sulla Difesa: via 385 caserme, 45 caccia F35 e riduzioni da 190mila a 150mila soldati entro il 2024 e il prepensionamento di 20mila dipendenti civili. Il risparmio dovrebbe incidere per 1,5 miliardi di euro l’anno. Vignarca: ma ha ragione Pinotti, prima si decida la direzione
Come ormai da abitudine ogni giorno il nuovo Governo mette altra carne sul fuoco. E il 15esimo toccò alla Difesa. In queste ore infatti sia il premier, Matteo Renzi, che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti hanno annunciato tagli alle spese militari. Un annuncio che ha fatto rumore perché consiste in una spending review che non prende solo in esame gli ormai celebri F35 ma la Difesa largamente intesa. Si parla infatti della chiusura e vendita di 385 caserme la riduzioni di 45 velivoli la commessa di F35 (oggi a quota 90 velivoli) oltre alle riduzioni già in agenda che vedrebbero il taglio da 190mila a 150mila soldati entro il 2024 e il prepensionamento di 20mila dipendenti civili. Il risparmio dovrebbe incidere per 1,5 miliardi di euro l’anno. Uno dei principali portavoce del movimento che in questi anni si è speso contro la spesa sugli F35, e in generale sugli armamenti, è Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo. Da Vita.it lo abbiamo contattato per avere un commento sulla strada intrapresa dall’esecutivo.
Vignarca, per caso è stato assunto al ministero a nostra insaputa?
Se fosse così sarebbe anche a mia insaputa (ride)
È un po’ quello che viene da pensare vedendo la strada che sta imboccando il Governo sulle spese militari…
Forse finalmente si è aperta una stagione nuova. Sembra che si siano resi conto di quello che noi diciamo da anni
Quindi da Rete Disarmo siete soddisfatti, visto aanche che vi eravate appellati a Renzi proprio qui sul sito di Vita?
Certamente registriamo positivamente un cambio significativo che quello di voler ragionare in generale sul tema della difesa. Perché a ben vedere anche Di Paola, ministro con Monti, aveva tagliato 41 velivoli. Erano 131 e so no diventato 90. Ma erano tagli che non mettevano in dubbio minimamente la ratio delle spese. C’era solo un discorso economico e ragionieristico. Oggi finalmente si ragiona nel merito delle scelte. Questo è molto positivo. Detto questo siamo come San Tommaso…
Un cambio che, oltre a vedere protagonista Renzi, vede in primo piano anche il ministro Pinotti…
Si, finalmente c’è una persona competente al comando. Devo anche dire che, oltra a sapere di quello di cui parla è una persona che sa ascoltare. Un bel cambiamento rispetto a prima…
Nel senso che i rapporti con Mario Mauro non erano molto buoni?
Mauro non ascoltava. Ma, cosa più grave, non aveva idea dei temi che si trovava a trattare. La Pinotti, per la prima volta, dimostra attenzione nei confronti delle nostre istanze. E sa cos’è la Difesa, sa di cosa parla, è competente. Sa cos’è un esercizio, le differenze tra i reparti, sa cosa sono le operazioni all’estero e a cosa servono. Questo non significa che non ci siano dubbi o appunti naturalmente
Ecco veniamo alle criticità. Cosa non vi torna?
Bisogna sottolineare che, per quello che riguarda la riduzione di personale, civile e militare, si tratta di scelte che arrivano dalle amministrazioni precedenti. Sono impostate per andare a regime in 12 anni. In altri comparti bastano due anni. In sostanza la “Riforma dello strumento militare”, così si chiama, ha due problemi
Quali?
Il primo è che, come giustamente sottolinea la Pinotti, non c’è un modello. Nessuno comprerebbe una macchina senza prima decidere cosa ci deve fare o dove deve andare. L’Italia sta facendo proprio questo. Se prima non decidiamo che forze armate vogliamo non possiamo decidere se ci servano 150mila, 160mila o 60mila soldati. Questo perché i tagli di Di Paola, ministro di Monti, erano tagli lineari dovuti al fatto che le spese italiane sulla Difesa sono in gran parte rappresentate dalle spese di personale. Ecco spiegata la ratio di quelle soluzioni. Bisogna rivederle.
Il secondo?
Che così non siamo sicuri si tratti di tagli e non di un cambio di destinazione delle risorse. Non vorremmo che si tagli il personale, per far passare i costi dalla Difesa alla previdenza sociale mentre il risparmio viene usato per altre voci del bilancio della difesa
Voi avete anche altri suggerimenti per il Governo. Altre voci su cui intervenire?
Certo. In particolare quello che si chiama “ausiliaria”. L’istituto per cui una serie di ufficiali vengono pagati per poter essere, eventualmente, richiamati. Non stiamo parlando di lavoratori cui verrebbe tolto il lavoro. Ma pensionati che percepiscono denaro extra pensione. Stiamo parlando di 500 milioni che potremmo recuperare subito. Come abbiamo sempre sostenuto bisogna entrare nel merito
Sugli F35 sembra che la posizione sia cambiata di 180 gradi. Lei ha scritto un libro (“F35” per Roundrobin Editrice) sull’argomento. Come spiega questo cambio di rotta politica?
Facciamo di 90 gradi (ride). Entrando nel merito può succedere di scoprire criticità e problemi. E il progetto F35 è un programma impostato male dall’inizio. Un progetto militare che noi abbiamo sempre criticato da due punti di vista
Partiamo dal primo?
È quello più puramente disarmista. Siamo convinti che le armi non garantiscano sicurezza ma solo affari di Stato. Secondo noi la difesa oggi, nell’Europa unita si fa con la salute, il welfare e il lavoro. Questo senza contare che se l’Ue avesse un esercito comune si risparmierebbero 120 miliardi di euro ogni anno. In questa crisi è evidente cosa significherebbe
Passiamo al secondo?
In secondo luogo abbiamo sempre portato avanti una critica puramente tecnica. Si è detto che non è possibile uscire dal programma a causa delle penali. Falso: non dobbiamo pagare nessuna penale. Si è detto che i caccia avranno un ritorno economico superiore all’investimento. Falso: il ritorno economico non supererà il 20%. Si è detto che potrebbero creare più di 10 mila posti di lavoro. Falso: ne nasceranno al massimo 600. Si è detto che nessun Paese è uscito dal programma. Falso anche questo: Stati Uniti, Canada, Olanda, Turchia e Australia hanno rinviato, sospeso o posto dure condizioni al programma. E questo solo per semplificare. Invito chi volesse approfondire questi argomenti a visitare il blog che curo su Altreconomia, “I signori delle guerre”