home Parole e notizie Disarmo e spese militari nel radar PD? Una prima risposta

Disarmo e spese militari nel radar PD? Una prima risposta

Ricevo e (ovviamente) con piacere pubblico la prima riposta arrivata alla “lettera aperta” che ho inviato ai candidati che si contenderanno la Segreteria del Partito Democratico nelle primarie di domenica 8 dicembre. Si tratta di un commento di Pippo Civati che vi riporto integralmente.

__________________________________

Caro Francesco,

l43-pippo-civati-partito-131014154919_bigrispondo con piacere alle tue domande, cogliendo l’occasione per tornare su un capitolo della mia mozione congressuale al quale tengo molto che affronta, purtroppo non esaustivamente (ma è pur sempre un documento congressuale da molti già giudicato sin troppo lungo) l’approccio italiano alla politica estera. Un tema di cui poco ci si interessa. Forse non a caso. Perché la pace, il disarmo, il controllo degli armamenti e delle spese militari sono stati relegati, in questi anni, a problemi dei quali la politica, di fatto, non può occuparsi. In nome degli impegni internazionali, della reputazione internazionale, e anche di una dimensione europea che sulla politca estera e di difesa comune ha spesso latitato.

Le recenti vicende internazionali, a partire dal caso siriano, mostrano un cambio  di scenario, non più riducibile alla dicotomia tra pacifisti e interventisti: le guerre, nella maggior parte dei casi, non sono più “risolutive” perché semplicemente non hanno più la forma della guerra “classica”, combattuta tra due eserciti, su un campo di battaglia, e che si risolveva con la firma di un trattato di pace. Il progressivo superamento di questa forma, giunta a compimento nell’ultimo decennio, impone un cambio d’approccio nell’affrontare le crisi internazionali. E se la guerra è ancora più inutile (oltre che, ovviamente, ingiusta) perché i suoi contorni sfumano, la diplomazia è diventata ancor più necessaria, e difficile. “Una politica estera che si ponga l’obiettivo di promuovere la pace ed i diritti umani – si legge nella mozione – é quindi più realista se delinea una coerente strategia diplomatica, piuttosto che se minaccia costantemente l’uso della forza”. Facendo riferimento al caso siriano, la nostra discussione non può e non deve essere limitata all’opportunità di partecipare all’intervento armato se avallato o meno dall’Onu, ma deve contenere elementi che, ad esempio,  riguardano la protezione della popolazione civile così come il rispetto dei diritti delle minoranze.

Per quel che riguarda il nostro modello di difesa, concordo sulla necessità di un quadro europeo comune, oltre che per ragioni politiche anche per ragioni economiche: le spese in armamenti vanno ridotte, sia a livello assoluto che ottimizzandole  all’interno del contesto europeo. I ritardi dell’Europa, però, non giustificano i nostri, soprattutto in considerazione della posizione geografica della nostra Penisola, della nostra propensione naturale verso la sponda meridionale del Mediterraneo. Senza il nostro protagonismo rischia di essere neutralizzato anche il protagonismo dell’Unione Europea. Dobbiamo invece tornare ad occuparci del Sud del mondo, una nostra vocazione dimenticata.

Infine, parlando di riduzione delle spese militari e di contesto europeo, non possiamo che pensare agli F-35.

Un tema su cui in questi mesi anche il mio stesso partito ha adottato argomenti circolari, senza contrastare gli argomenti portati dal ministro Mauro, secondo il quale – è sempre bene ricordarlo – gli F-35 sarebbero “strumenti di pace”! Abbiamo, al contrario, il dovere di ribadire la necessità di ripensare questa spesa, proprio come diceva Bersani in campagna elettorale, portando argomenti economici e giuridici, facendo riferimento precisamente a quegli accordi che qualcuno vorrebbe intoccabili. Purtroppo non credo che l’impianto attuale del Governo possa portare a sviluppi concreti in questa direzione, come era evidente sin dalla nascita delle larghe intese. Stesso dicasi riguardo al commercio internazionale di armi. Un commercio che non è un mercato, perché muove lungo dinamiche assolutamente non trasparenti e non concorrenziali, come dimostrano numerosi casi del recente passato.

Ci troviamo di fronte a una scelta, quindi. Alla scelta di cambiare prospettiva, con argomenti economici e politici, una prospettiva che ci vuole “realisti e pacifisti”.