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Finmeccanica e il mercato corrotto delle armi

Popoli (rivista e portale di informazione dei Gesuiti) mi intervista sul collegamento tra armi e corruzione, sulla scia delle notizie relative all’arresto del Presidente Orsi per le presunte tangenti sulla vendita di elicotteri all’India.

Articolo originale a questo link.

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d8e34aa0-f42b-40e4-94ee-76cfef6b8f3b.t.W320.H200.M4«Lo scandalo che ha travolto Finmeccanica non è una questione di singole persone corrotte. È il mercato degli armamenti che è corrotto in sé e vive sulla corruzione». Francesco Vignarca, coordinatore della Rete disarmo e autore (insieme a Duccio Facchini e Michele Sasso) di Armi affare di Stato (Chiarelettere, 2012), commenta così l’arresto di Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica, la holding italiana degli armamenti, per aver creato un sistema di tangenti sfruttando alcune commesse all’estero.

Come funziona il mercato degli armamenti?
Questo mercato è caratterizzato dal fatto che l’acquirente è uno solo, lo Stato. Lo Stato non acquista in base a necessità operative reali o a scelte economiche, ma sulla base di necessità spesso fittizie e soprattutto utilizzando procedure di acquisto segrete. Chi acquista gli armamenti per conto dello Stato lo può fare senza dare conto a nessuno. Attenzione però, le scelte non vengono fatte solo dai politici, ma anche da manager e militari. Il dito non va quindi puntato solo sui membri del governo o sui parlamentari, ma sulla contiguità tra politici, manager e militari.

In quali settori opera attualmente Finmeccanica?
La Finmeccanica scommette su tre poli: Selex, che produce sistemi informativi ed elettronici per la difesa; Agusta Westland, che è uno dei principali produttori mondiali di elicotteri; Alenia-Aermacchi, che è impegnata nel settore aeronautico. Finmeccanica ha poi joint-venture in altri comparti: per esempio è partner del consorzio che produce il cacciabombardiere Efa, produce missili, siluri e cannoni.

Perché negli ultimi anni la holding pubblica si è progressivamente concentrata sul comparto militare?
In realtà è un processo che va avanti da tempo. È da metà degli anni Novanta infatti che in Finmeccanica si è registrato un consolidamento delle attività militari. In quel periodo le varie aziende che facevano capo alle holding statali (Iri, Efim, ecc.) si sono raggruppate e si sono riorganizzate nella holding. Ma è nel decennio successivo che si conosce il boom delle attività militari. Gli anni Duemila si aprono con l’11 settembre e con l’esplosione delle spese militari che, in un decennio, aumentano del 50%. Sono gli anni dei soldi facili per i vertici aziendali. Pierfrancesco Guarguaglini, allora amministratore delegato della holding, porta l’azienda a utili eccezionali che procurano anche a lui guadagni formidabili grazie alle stock options. Ciò spinge i vertici a concentrarsi sempre di più sul comparto militare. Gli utili però si fondano sul nulla. Una parte consistente degli utili era ottenuta grazie ai paradisi fiscali. L’80% circa delle aziende che fanno capo a Finmeccanica ha infatti sede all’estero, ma non per ragioni operative, bensì finanziarie e fiscali. Con il paradosso che un’azienda dello Stato italiano riesce a ottenere profitti evitando di pagare imposte al proprio Stato.

Se i guadagni sono elevati allora Finmeccanica sembra aver fatto una scelta giusta, almeno sul piano economico…
In realtà no perché, lo ripeto, gli utili sono consistenti, ma prodotti su castelli di carta. Guarguaglini, per esempio, aveva voluto acquistare la Drs Technologies. Un acquisto sopravvalutato, tanto è vero che poi hanno dovuto ridurre la sua valutazione in bilancio, rimettendoci molti milioni.

Finmeccanica è uscita completamente dal settore civile?
No, è ben presente e noi vediamo con preoccupazione l’annuncio della vendita di alcune aziende civili del gruppo. Cedere Ansaldo segnalazioni ferroviarie piuttosto che Ansaldo Breda significa perdere competenze industriali perché può capitare che l’acquirente straniero sposti poi all’estero le produzioni. Finmeccanica dovrebbe invece valorizzare queste produzioni e lo Stato dovrebbe aiutarla a farlo. Finmeccanica produce armi perché lo Stato le chiede armi. Ma se lo Stato chiedesse altri tipi di produzione, Finmeccanica potrebbe in breve riconvertirsi. Selex, per esempio, produce sistemi informativi per la difesa. Perché non potrebbe riconvertirsi producendo sistemi informativi a uso civile? Le competenze esistono già, bisogna solo darle le commesse giuste.

L’inchiesta su Finmeccanica ha messo in luce un presunto sistema di tangenti sulle commesse estere. Esiste un sistema simile anche sulle commesse italiane?
Non c’è bisogno di pagare mazzette in Italia, è meglio farlo con pagamenti estero su estero. Se le ipotesi accusatorie nel processo Orsi verranno confermate in aula, parte dei soldi dati agli intermediari per «oliare» i politici indiani (per una commessa di elicotteri) sono poi rientrati in Italia. Come? Orsi avrebbe aumentato fittiziamente il denaro dovuto agli intermediari e la quota che non è stata trattenuta dall’intermediario e non è andata in tangenti, è tornata in Italia ed è servita a pagare i politici italiani (probabilmente, secondo l’accusa, quelli legati alla Lega Nord o a Comunione e liberazione).
Ma spesso è possibile «ingraziarsi» politici e militari in modo più o meno lecito. Per esempio, ai generali che scelgono particolari sistemi d’arma o sistemi di puntamento vengono offerti posti di prestigio nell’industria degli armamenti quando vanno in pensione o lasciano le forze armate. Per farsi amici i politici invece si finanziano i loro giornali o le loro fondazioni. Si sa che recentemente un deputato è stato avvicinato da un esponente del Pdl che, per ottenere il suo voto, gli ha proposto di creare una fondazione. Questa sarebbe poi stata finanziata con sponsorizzazioni (del tutto legali) di Finmeccanica. La rivista della fondazione di Massimo D’Alema riceve da anni finanziamenti per la pubblicità da Finmeccanica. In questi casi non c’è corruzione, ma solo «scelte commerciali mirate».

 

intervista di Enrico Casale